domenica 17 marzo 2024

FIORI SOPRA L’INFERNO

 
Ilaria Tuti
FIORI SOPRA L’INFERNO
Tea
Brossurato, 2018
368 pagine, 12 euro

Leggere “Fiori sopra l’inferno”, in grave ritardo sul resto dell’umanità, mi ha fatto lo stesso effetto di quando ho letto “La verità su caso Harry Quebert”, di Joel Dicker. Vale a dire che quando un libro vende centinaia di migliaia di copie e viene tradotto con successo in mezzo mondo, non resta che leggerlo per non privarsi delle emozioni godute da tutti gli altri, soprattutto se i giudizi positivi sono unanimi e dovunque si levano gridolini di giubilo. Se poi però uno lo legge e rimane perplesso, ecco, la cosa non è piacevole perché ci si sente quelli sbagliati. Da parte mia, mi chiedo che cos’è che gli altri hanno capito e io invece non ci arrivo. Mi capitò così anche con il caso di Harry Quebert, e me ne dispiacque parecchio. Eppure, “Fiori sopra l’inferno” è diventata una serie TV, ho letto i complimenti di Donato Carrisi e tutta una serie di lusinghiere recensioni, in un programma alla radio si descriveva il commissario Teresa Battaglia come un personaggio memorabile. Ecco, non so come dirlo, ma a me Teresa Battaglia è sembrata profondamente antipatica dalla prima all’ultima pagina. Il modo arrogante e sgarbato in cui tratta tutti quelli che gli stanno attorno, soprattutto il giovane ispettore Massimo Marino, dà ai nervi e c’è da chiedersi com’è che venga tollerato. Vero è che, forse, proprio questo rende memorabile l’anziana poliziotta: una così non passa inosservata. Altrettanto vero che anche Maigret si può definire burbero (ma non ispira antipatia). Soprattutto vero è che Teresa Battaglia ha un passato difficile (un figlio perduto, un compagno violento) e un presente angosciante (coglie in se stessa, oltre i segni dell’età, i sintomi dell’Alzheimer). Inoltre, e questo va riconosciuto, si tratta di un personaggio fuori dagli stereotipi. “Fiori sopra l’inferno” è il primo romanzo di cui la Battaglia è protagonista e il successo ha imposto a Ilaria Tuti (1976) di dare il via a una serie, ma l’autrice ha scritto anche altro (da “Fiore di roccia” a “Come il vento cucito alla terra”, e persino un graphic novel). La Tuti è friulana (di Gemona) e, come lei stessa spiega nella nota conclusiva, “Fiori sopra l’inferno” affonda le radici nei paesaggi della sua terra: “In questo senso, nulla è stato inventato. Travenì, con la sua foresta millenaria, l’orrido, le miniere, i laghi alpini e le vette da vertigine, esiste davvero, sotto altro nome”. Certamente lo scenario del Friuli e le descrizioni della gente difficile di Travenì sono un punto di forza del romanzo. Quel che non convince, come non convince in Joel Dicker, è la forzatura di una storia che si vorrebbe realistica a spiegazioni che, pur inquietanti e insolite, non convincono il lettore più scettico, nonostante tutto si basi sulle conseguenze di disumani esperimenti scientifici realmente condotti su un gruppo di bambini, negli anni Quaranta, da uno psicanalista austriaco, René Spitz. Impossibile, naturalmente, entrare troppo nei dettagli senza fare dello spoiler, tuttavia si sa che il lettore deve giungere alla suspension of disbelief, o sospensione dell’incredulità, e io, che pure sono sempre disposto (anzi, non chiedo di meglio) a calarmi nei romanzi, questa volta non ci sono riuscito. Non ho mai creduto che dei bambini parlino e si comportino come i ragazzini di cui racconta la Tuti, non sono riuscito a convincermi che il serial killer a cui si dà la caccia possa avere le caratteristiche e le origini che gli vengono attribuite, non ho provato empatia nei confronti di nessun personaggio, men che mai di Teresa Battaglia. Mi sono sembrate strane e sconclusionate anche le tecniche investigative o l’aspetto da “police procedural” del romanzo. Non ho la minima idea, naturalmente, se al Quai des Orfèvres le indagini venivano condotte davvero come le svolgeva Maigret, ma ci ho sempre creduto. Non ho difficoltà neppure nel credere al pagliaccio di “It” o al Randall Flag de “L’ombra dello scorpione”, perché Stephen King mi irretisce. Ecco, purtroppo Ilaria Tuti no. Sono rimasto perplesso anche di fronte alla prosa. Non che mi aspetti che tutti siano Sciascia o Simenon, però sentite l’incipit: “C’era una leggenda che gravava su quel posto. Una di quelle che si appiccicano ai luoghi come un odore persistente. Si diceva che in autunno inoltrato, prima che le piogge si tramutassero in beve, il lago alpino esalasse respiri sinistri”. Mi si scusi se non capisco, ma qual è la leggenda? E’ una leggenda che in autunno un lago esali “respiri sinistri”? Lo sarebbe se fossero i respiri di un mostro che a qualcuno capita talvolta di incontrare, ma non se ne fa cenno. L’impressione è che la prosa sia ridondante e cerchi un effetto senza sostanza. Eppure, nel gruppo di lettura che frequento, in cui sono l’unico uomo, si è discusso di “Come vento cucito alla terra”, romanzo di ambientazione storica nella Londra ai tempi della Prima Guerra Mondiale (mi ha ricordato “Un semplice caso di infedeltà” della scrittrice inglese Jacqueline Winspear, con protagonista l’investigatrice Maise Dobbs) e le lettrici se ne sono dette entusiaste (mi riprometto di leggerlo anch’io). Mi chiedo pertanto se possa esserci un approccio diverso, di genere, tra uomini e donne, di fronte a Teresa Battaglia, e dunque diverse le sensibilità e diversi i giudizi finali.


sabato 16 marzo 2024

UNITI PER IL PIANETA



 
Bepi Vigna
Germano Bonazzi
Marco Foderà
Fabio Grimaldi
UNITI PER IL PIANETA
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2021
80 pagine, 18 euro

“Pensando al futuro, anche gli eroi dei fumetti (non soltanto bonelliani) hanno il dovere di scendere in campo”, scrive Davide Bonelli nella sua introduzione al volume, intitolata “I quattro cavalieri”. Gli eroi che scendono in campo, “uniti per il pianeta” (appunto), sono in effetti quattro: Nathan Never (il personaggio di punta, che ospita gli altri) Legs Weaver, Martin Mystère e Mister No (in copertina Legs non c’è, rappresentata evidentemente da Nathan). Tuttavia della squadra fa parte anche Greta Suzuki (il nome di battesimo immagino non sia stato scelto a caso, viste le tematiche ambientaliste), definita “la maggior esperta mondiale di problemi ecologici” dei tempi dell’Agenzia Alfa e della Planet Earth Geographic Society (siamo dunque nel futuro). Il fattore tempo è determinante perché, per risolvere una grave minaccia all’equilibrio naturale terrestre, l’equipe deve viaggiare attraverso le epoche e contattare prima Mister No, nell’Amazzonia del ventesimo secolo, poi Martin Mystère nella New York del Ventunesimo, dando vita a un vero e proprio team up. Bepi Vigna, chiamato a gestire l’incontro fra personaggi così diversi e dei loro rispettivi mondi, se la cava piuttosto bene, coadiuvato dai tre disegnatori che lo affiancano (ciascuno alle prese con le tavole dedicate in prevalenza a un eroe piuttosto che a un altro). La brava colorista Daria Cerchi riesce a dare omogeneità alla narrazione grafica affidata a mani diverse. Le sessantaquattro tavole a fumetti di “Uniti per il pianeta” rientrano nellaproduzione bonelliana di volumi realizzati in collaborazione con enti, associazioni, organizzazioni, agenzie, come l’ESA. Basterà qui ricordare quelli in cui Nathan Never ha incontrato l’astronauta Luca Parmitano, ma anche altri personaggi hanno sponsorizzato campagne di sensibilizzazione su temi sociali, scientifici, culturali, ambientalisti, umanitari, a partire dalla promozione gratuita offerta da Sergio Bonelli alla LIPU, o all’iniziativa “Droga out” che vide testimonial Dylan Dog. In questo caso, “Uniti per il pianeta” reca in copertina l’egida del MITE (Ministero della Transazione Ecologica) e presenta una appendice saggistica sul cambiamento climatico.

 

domenica 10 marzo 2024

VIVO O MORTO!

 
 
 
 
 
 


 

Mauro Boselli
Roberto De Angelis
VIVO O MORTO!
Sergio Bonelli Editore
Cartonato, 2023
258 pagine, 28 euro

Nel novembre del 2018 fece la sua prima apparizione nelle edicole italiane una nuova collana riservata a Tex, dedicata alle avventure giovanili del personaggio creato da Giovanni Luigi Bonelli nel 1948 (si festeggiavano per l’appunto i settanta anni di vita editoriale di Aquila della Notte), curata (e in gran parte sceneggiata) da Mauro Boselli. Lo spin-off venne intitolato, per differenziarlo dalla testata madre, “Tex Willer”. La foliazione era più agile, sole 64 tavole a fumetti contro le 110 della serie regolare. Ma, soprattutto, oltre alla più giovane età del protagonista era diverso il ritmo, il mood narrativo. Il giovane Tex è scavezzacollo, vive avventure rocambolesche, serrate come erano, anche in ragione del minor spazio concesso dal formato a strisce delle origini, gli episodi degli anni Quaranta e Cinquanta. L’operazione si rivela fortunata, riscontrando l’apprezzamento del pubblico. Nel 2021, la Sergio Bonelli Editore comincia a raccogliere e riproporre in una collana cronologica di volumi cartonati destinati alla distribuzione in libreria le tavole degli albi da edicola, in prima edizione a colori, in bianco e nero nelle successive (il volume del 2023 fotografato nelle mie mani che vedete in apertura è una terza edizione del giugno 2023). Scrive Mauro Boselli nella sua introduzione intitolata “Quando il West era giovane”: “Il Tex che conosciamo ha 45 anni, ed è vedovo, con un figlio grande. I suoi lettori affezionati, però, conservano indelebile, nella memoria e nell’anima, il ricordo del giovane scatenato che era: le due immagini, il fuorilegge coraggioso ingiustamente perseguitato e l’odierno ranger e capo Navajo, si sovrappongono, concorrendo entrambe al fascino del personaggio”. Le avventure del Tex ventenne riempiono gli spazi vuoti lasciati da Giovanni Luigi Bonelli nella sintesi delle sue prime sceneggiature: per esempio, in “Vivo o morto!” scopriamo gli antefatti della vignetta d’esordio del personaggio, quella in cui il giovane ricercato si chiede se i cavalieri che vede giungere sulla sua pista siano gli uomini di un certo sceriffo, e ci vengono fornite esaustive spiegazioni circa i precedenti dell’indianina Tesah (fortunatamente con le cosce scoperte prima della censura imposta nelle ristampe degli anni Cinquanta dal famigerato marchio “Garanzia Morale”). In avventure successive vediamo in azione anche Kit Carson, Mefisto, Montales, Cochise, anch’essi con venticinque anni di meno. Questo primo volume raccoglie quattro albi di “Tex Willer”, illustrati da uno strepitoso Roberto De Angelis, che già si era cimentato con successo con Aquila della Notte nel 2004 con il diciottesimo “Texone” (“Ombre nella notte”, testi di Claudio Nizzi). Tuttavia, in quel caso, era ancora un illustre ospite in prestito dalla serie di Nathan Never. Con “Vivo o morto!” il passaggio al western è (o sembra) definitivo: De Angelis sembra tuttavia non aver fatto altro.

sabato 9 marzo 2024

29 STORIE BREVI

 
 


Ferdinando Tacconi
29 STORIE BREVI
Allagalla
Cartonato, 2022
268 pagine, 40 euro

Se dovessi riassumere l’opera a fumetti di Ferdinando Tacconi con uno slogan, sceglierei il titolo, molto brillante, usato da Gianni Bruno nel suo testo introduttivo a questo volume Allagalla: “Un uomo per tutte le collane”. Infatti, se talvolta si tende a identificare un autore con un personaggio, o con un genere, con Tacconi la cosa è difficile se non impossibile. Al limite, lo si potrebbe legare alla sua passione per gli aerei (di cui era un vero esperto). Per il resto, il disegnatore milanese (1922-2006), attivo a partire da 1946 (come copertinista per la Mondadori), ha giocato sui campi di tutte le squadre e in ogni campionato. Nel 1948 illustra i suoi primi fumetti per l’editore Giurleo: “Morgan il Corsaro”, “Jack il pilota” e “Miss Diavolo”. Passa poi nella scuderia di Tristano Torelli per le assai più impegnativa serie di “Nat del Santa Cruz” e “Sciuscià”. La facciamo breve: dopo questi promettenti esordi,  eccolo incontrare Rinaldo Dami e Giorgio Bellavitis, che facevano gli agenti per i disegnatori italiani al lavoro in Gran Bretagna, e quindi collaborare con vari editori inglesi. Spiega Alfredo Castelli in un altro articolo dell’apparato critico a corredo del volume: «Per un lungo periodo aveva vissuto a Londra, dove aveva dato inizio a una lunga collaborazione con la Casa editrice Fleetway, la maggior produttrice (e la miglior pagatrice, tanto che molti disegnatori italiani e spagnoli cominciarono a collaborarvi) di storie a fumetti d’oltremanica; si era specializzato soprattutto in storie di guerra per la “War Picture Library” (la nostra “Collana Eroica”). Nel 1955-56 aveva addirittura disegnato Jeff Hawke in una serie a colori per il pubblico giovanile pubblicata dall’ “Express Weekly”, ottenendo l’apprezzamento di Sydney Jordan, il creatore del personaggio, che molti anni dopo ha voluto conoscerlo personalmente per complimentarsi con lui». Negli anni Settanta, Ferdinando Tacconi torna a lavorare in Italia e proprio con Castelli realizza la lunga e fortunata serie de “Gli Aristocratici” pubblicata sul “Corriere dei Ragazzi”, testata per la quale illustra anche decine di storie brevi raccontando fatti della storia. Ma c’è anche un Tacconi copertinista e fumettista per Renzo Barbieri e la sua produzione erotica (“Fiabe proibite”, “Il dottor Barnard”). Così come lo troviamo attivo su “Il Giornalino” (ne parla Stefano Gorla in ulteriore articolo che intervalla le sezioni del volume), spesso su testi di Gino d’Antonio. E come tacere del Tacconi “bonelliano”, a partire da ben due storie della collana “Un uomo un’avventura”? Troviamo il suo nome su molti albi di Dylan Dog e di Nick Raider (di cui, secondo me,  il miglior interprete). A chiusura del volume Allagalla c’è un commento di Luigi Siniscalchi, che spiega il suo punto di vista (di disegnatore) sull’arte di Tacconi: «Negli anni Ottanta cercavo di capire, scandagliando tra i segni, le tecniche per disegnare fumetti. Rimasi subito attratto da quella pennellata sicura e veloce che contornava personaggi e parte degli ambienti, con l’aggiunta di grosse campiture di nero. La rigidità precisa degli oggetti e delle onomatopee mi suggeriva che i passaggi e il cambio di strumenti per inchiostrare erano più di uno. I grafismi necessari a personalizzare quel segno sono imprevedibili e servono a creare le masse, i volumi dei visi, dei panneggi e tutto quello che ha bisogno di una caratterizzazione». Tacconi anche maestro e punto di riferimento, dunque. Il multiforme ingegno dell’autore è ben rappresentato da questa antologia di storie degli anni Settanta e Ottanta pubblicate quasi tutte (tranne poche eccezioni) sul “Corriere dei Ragazzi” e sul “Giornalino”. Tra gli autori delle sceneggiature troviamo, oltre al già citato Castelli, anche Claudio Nizzi (a sua volta autore di un breve saggio che racconta dei suoi rapporti con Ferdinando), ma pure Mino Milani, Pier Carpi, Giorgio Pezzin e molti altri.

 

venerdì 8 marzo 2024

TODO MODO


 
 
Leonardo Sciascia
TODO MODO
Adelphi
brossurato, 2003
124 pagine, 10.45 euro


Credo sia impossibile recensire efficacemente “Todo modo” di Leonardo Sciascia (senza pretendere che queste mie brevi annotazioni si possano dire a pieno titolo recensioni e men che mai efficaci) evitando di accennare al finale e dunque di svelarlo facendo quel che si suole dire “dello spoiler”, peccato tanto più grave quando si tratta di un giallo. Tuttavia, è sommamente vero che il romanzo non si esaurisce nel suo risvolto poliziesco, e forse (anzi, sicuramente) questo aspetto è ciò che meno importa all’autore. Quindi, il fatto di conoscere come va (o non va) a finire non dovrebbe scoraggiare nessun lettore, di certo in grado di apprezzare comunque tutto il resto. Dunque, mettiamoci d’accordo: questa arzigogolata premessa valga come avviso contro lo spoiler: qui di seguito rivelerò il nome dell’assassino (e cercherò di spiegare perché non possa fare a meno di argomentarci sopra). 
Cominciamo dall’autore e dal titolo. Leonardo Sciascia (1921-1989) intitolò così il suo quinto romanzo, ambientato negli anni Settanta e uscito nel 1974 (il primo, “Il giorno della civetta”, è del 1961) utilizzando l’inizio di una citazione dagli “Esercizi spirituali” di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore dei Gesuiti: "todo modo para buscar la voluntad divina" cioè "ogni mezzo per cercare la volontà divina". Degli insoliti “esercizi spirituali” che coinvolgono amministratori, notabili e uomini d’affari, sotto la guida dell’ineffabile don Gaetano (vero protagonista del racconto) fanno per l'appunto da sfondo all’intero romanzo, a significare evidentemente la commistione tra la Chiesa e la politica. Il punto di vista laico e non compromesso, quello di Sciascia parrebbe di poter dire, è rappresentato dall’io narrante, di cui si sa soltanto che è un famoso pittore, uomo curioso oltre che di cultura, attento osservatore della realtà come si richiede appunto da chi faccia il suo mestiere. 
Lo scenario è quello di un moderno albergo costruito inglobando un antico romitorio, l’Eremo di Zafer (sulla cui ubicazione non ci sono indizi). Qualcuno fra i commentatori ha notato che negli anni Sessanta e Settanta a Zafferana Etnea si ritiravano periodicamente in ritiro, per così dire, spirituale i maggiorenti della Democrazia Cristiana. Lecito dunque ipotizzare un riferimento con gli “esercizi spirituali” di una settimana organizzati ogni anno da don Gaetano, costruttore dell’albergo (e di altre strutture simili, a dimostrazione della sua abilità nell’avere le mani in pasta e nel saper gestire gli affari mondani oltre quelli religiosi). Invitati a prendervi parte sono un gruppo di esponenti dei potentati, ministri e cardinali e via via scendendo fino a direttori di banca, avvocati e imprenditori. Per alcuni di loro, non si sa chi, è l’occasione per far alloggiare nell’hotel anche le amanti (e infatti il pittore nota cinque donne sole, dall’espetto provocante e appariscente, che già alloggiano nell’Eremo di Zafer prima ancora che arrivino gli ospiti, e si tratta di persone non registrate alla reception: don Gaetano chiude un occhio). Per tutti, la settimana serve a concordare affari, spartirsi mazzette, chiedere e scambiare favori. Il pittore finisce per caso nell’albergo: cerca un luogo per sostare una notte durante un viaggio, viene a sapere del raduno che sta per aver luogo e, incuriosito, chiede a don Gaetano di potersi trattenere qualche giorno in più nonostante la struttura non sia, per la settimana degli “esercizi”, aperta al pubblico. Le conversazioni fra il celebre artista e il prete, che dietro l’aspetto dimesso cela una cultura in grado di rivaleggiare con quella di dotti e porporati, sono affascinanti e inquietanti al tempo stesso, come gli occhiali pince nez che il religioso porta sul naso, identici a quelli indossati dal demonio in un antico dipinto custodito nel suo studio. Il romanzo si tinge di giallo allorché in una breve successione di pochi giorni vengono commessi due omicidi tra gli ospiti dell’hotel, e il procuratore Scalambri impedisce a chiunque di allontanarsi, dimostrandoti comunque soltanto in grado di scoprire, grazie a un Commissario che lo assiste, un giro di mazzette che la prima vittima, il senatore Michelozzi, stava distribuendo a tutti gli altri del gruppo. Nessun progresso invece sull’identità dell’assassino. Il pittore si rivela indagatore ben più dotato ma nulla rivela al lettore, se non che ha capito tutto in seguito a certi sopralluoghi alla ricerca di prove. Quali siano queste prove, però, non lo si sa. Anche se, a dire il vero, non mancano le allusioni. Il romanzo si conclude, in pratica, con un terzo omicidio: quello di don Gaetano. Un vero colpo di scena! Peccato che la soluzione del giallo, con la ricostruzione dei fatti e dei moventi, e la rivelazione del nome dell’assassino, o degli assassini, non ci sia. Qualcuno ha ipotizzato che l’io narrante sia il colpevole almeno dell’uccisione di don Gaetano, e appunto i suoi non detti, simili a quelli di Agatha Christie ne “L’assassinio di Roger Ackroyd”, nascondano le sue effettive mosse. In effetti il pittore, in una frase sibilliana che sembra detta per scherzo, dice di essere per l'apputo lui l'assassino. Io sono di parere diverso, ed ecco cosa ho annotato nel mio diario (da buon grafomane, ne tengo uno): «Finisco di leggere “Todo modo”, restando molto perplesso. Scrittura magnifica, personaggi interessanti, trama che invoglia a proseguire nella lettura, poi improvvisamente un finale aperto in cui tre delitti restano senza spiegazione e si dice espressamente che l’assassino non si troverà mai. Naturalmente capisco che a Sciascia interessi di più, o solamente, alludere al malaffare, ai delitti e agli intrighi del sottobosco della politica (ben rappresentati dal gran burattinaio don Gaetano, prete misterioso e affascinante nella sua ambiguità), di cui non si riesce mai a venire a capo, ma un giallo senza colpevole grida vendetta al cospetto di Dio. Secondo me, l’assassino è lo stesso don Gaetano che da ultimo si è suicidato, vistosi sul punto di venire coinvolto nello scandalo delle mazzette scoperto nel corso del romanzo. Del resto una pistola viene trovata accanto al suo cadavere, a poca distanza dalla sua mano (per di più, una pistola da tutti ricercata dopo il primo delitto, e misteriosamente scomparsa: adesso invece non è stata nascosta). L'ipotesi del suicidio viene fatta ma subigto scartata ma apparentemente soltanto perché non si infaghi il buon nme di don Gaetano o perché non si può ritenere un uomo di tanto spessore capace di una bassezza, ma il titolo del romanzo è "todo modo", "con ogni mezzo", anche quelli più estremi, e che c'è di più estremo del suicidio?». Sciascia comunque mette in bocca ai suoi personaggi due affermazioni: che la verità con sarà mai scoperta, ma anche che, come la “lettera rubata” di Edgar Allan Poe, è sotto gli occhi di tutti, ma nessuno la vede.

lunedì 4 marzo 2024

L’OCEANO DEI VELENI

 


Alfredo Castelli
Giancarlo Alessandrini
L’OCEANO DEI VELENI
Sergio Bonelli Editore
Cartonato, 2022
242 pagine, 24 euro

Questa lunga storia del Detective dell’Impossibile, raccolta in un unico volume cartonato destinato alla distribuzione libraria, apparve per la prima volta in edicola tra l’aprile e il giugno del 1991 sugli albi mensili n° 109, 110 e 111 di Martin Mystère. Secondo Alfredo Castelli (1947-2024), autore (oltre che della sceneggiatura) di una esaustiva presentazione, si tratta del capolavoro grafico di Giancarlo Alessandrini (1950) per il suo “uso dei bianchi e dei neri davvero sapiente”. Si potrebbe discutere se in altri casi Alessandrini sia stato ancora più sapiente, ma che le tavole de “L’oceano dei veleni” siano magistrali non c’è alcun dubbio. Colpisce l’aneddoto che Castelli racconta a proposito dell’ingresso del disegnatore nello staff del “Corriere dei Ragazzi”, nella cui redazione i due si incontrarono. Correva l'anno 1972, e Giancarlo era venuto a Milano accompagnando un professionista già affermato che cercava lavoro. Lui, poco più che ragazzino, aveva portato dei suoi schizzi per farsi dare dei consigli da qualcuno degli illustratori che fossero stati presenti in sede. Risultato, il professionista viene bocciato, mentre del ragazzino Aldo Di Gennaro dichiara: “Ehi! Abbiamo qui un talento naturale!”. Così Alessandrini torna a casa con già una prima sceneggiatura da disegnare. “L’oceano dei veleni” riporta Martin Mystère sulle isole del Pacifico (il primo arcipelago nelle cui acque cui vediamo il Detective dell’Impossibile, una volta tanto in vacanza, immergersi con Java per fare riprese subacquee è quello delle Samoa), e non mancano i riferimenti a precedenti avventure in Oceania, che spiegano il legame psichico
che si stringe fra lui e un nativo (siamo in zona “terzo occhio”, quella “mistica” della saga martinmysteriana), legame da cui prende le mosse il coinvolgimento del BVZM in un losco intrigo internazionale. Siamo ancora in clima di Guerra Fredda e c’è di mezzo il recupero di un satellite americano che non avrebbe dovuto esserci, abbattuto in mare da un satellite killer sovietico, il quale a sua volta non avrebbe dovuto esserci. Però le cose si complicano allorché quale nave incaricata dell’operazione viene scelta una utilizzata da compagnie senza scrupoli per seppellire nelle profondità oceaniche rifiuti tossici, che devono essere rapidamente affondati in basse acque coralline. Da qui una strage di nativi, che nessuno bloccherebbe se Martin non intervenisse. La sceneggiatura di Castelli trae origine da un soggetto” di Elio Ottonello (1954), laureato in biologia marina, scrittore di romanzi, attivo collaboratore del BVZA quando si tratta di indagare sui misteri del mare (suoi gli spunti di altre storie mysteriose sull’argomento). Una piacevole e avvincente rilettura. Ah, ci sono due vignette con Diana in topless (all'epoca si poteva). Stefania Divertito e Marco Gisotti, giornalisti ambientali, firmano, in apertura di volume, un saggio di approfondimento scientifico sull'inquinamento degli oceani.


domenica 3 marzo 2024

BOUNTY HUNTERS

 

Pasquale Ruju
Massimo Rotundo
BOUNTY HUNTERS
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2024
52 pagine, 9.90 euro


Per me, il nome di Massimo Rotundo resterà per sempre legato al graphic novel post apocalittico "Il pescatore", sceneggiato da Riccardo Barreiro e pubblicato ne "Gli albi di Orient Exress" dopo essere apparso su rivista nel 1983. Una di quelle letture che lasciano il segno, che si riprendono in mano più volte nel corso degli anni. Mi sono sempre chiesto perché non ne sia nata una intera serie. Ma anche Sera Torbara, del 1987, personaggio di ambientazione storica ottocentesca sceneggiato da Giuseppe Ferrandino, è stato una gioia per gli occhi. Ho apprezzato gli "Ex Libris Eroticis" e naturalmente ho seguito Rotundo in Bonelli su Brendon, Volto Nascosto e Shangai Devil. Sono stato felice di vederlo arrivare a Tex, e quindi lieto di vederlo all'opera su questo nuovo cartonato "alla francese" di Aquila della Notte di cui ha realizzato, oltre ai disegno, anche i colori. "Alla francese" per formato, policromia, scansione narrativa e taglio delle tavole, ma distribuito "all'italiana" in edicola, a un prezzo che, rapportato alle caratteristiche editoriali, è quanto di più concorrenziale si possa desiderare. La sceneggiatura, firmata dal veterano Pasquale Ruju, è quanto di più classico si possa immaginare: un bandito in fuga in territorio messicano, Tex che lo cattura, un gruppo di bounty killers che fanno comunella per soffiargli la preda prima che venga riportata oltre il confine americano e consegnata a uno sceriffo. Che bello però se il prossimo lavoro di Rotundo fosse una miniserie con protagonista il Pescatore o Sera Torbara.

domenica 25 febbraio 2024

L'OMBRA DEL PIPISTRELLO



 

Roberto Recchioni
Werther Dell'Edera
Gigi Cavenago
L'OMBRA DEL PIPISTRELLO
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2023
218 pagine, 26 euro
Sergio Bonelli Editore e DC Comics insieme per realizzare tre team up fra alcuni dei loro personaggi: abbiamo visto una storia in cui Zagor incontra Flash, una seconda dove Nathan Never si unisce alla Justice League ed ecco la terza con Dylan Dog e Batman alleati per far fronte a minacce comuni. Tra le tre avventure, pensate per allargare le rispettive platee oltre che per divertire, questa con l'Indagatore dell'Incubo e il Cavaliere Oscuro è quella in cui si avverte meno la distanza tra il modo di raccontare dei comics americani e lo standard bonelliano. Se "La scure e il fulmine" (2022) assomigliava più a un fumetto DC, nel format grafico e narrativo (e cioè sembrava più una storia di Flash che una di Zagor, pur nel rispetto dell'eroe nolittiano), "L'ombra del pipistrello" potrebbe, per molti versi (anche se, inevitabilmente, non in tutti), apparire pienamente una avventura di Dylan, pur sui generis, dato che siamo stati abituati alle più diverse interpretazioni grafiche dell'inquilino di Craven Road e quella di Gigi Cavenago e Werther Dell'Eders non è certo la più fuori registro che ci è stata proposta. Ma, allo stesso tempo, anche i lettori americani potrebbero dire lo stesso, immagino, della versione di Batman che lo staff italiano ha confezionato per loro. Impresa di non poco conto. Tanto di cappello, peraltro, a Roberto Recchioni che, dimostrando di conoscere bene tanto Dylan quanto Bruce Wayne, riesce magistralmente a fondere i rispettivi universi, per cui a incontrarsi non solo soltanto i due titolari di testata ma anche i loro rispettivi più grandi nemici, Xabaras e il Joker. E non finisce qui: del cast fanno parte Bloch e l'omologo commissario Gordon, Groucho e Alfred Pennyworth (il maggiordono di Bruce Wayne), Killer Croc (alias Waylon Jones) e Killex, Madam Trelkovski e John Constantine, che mandano Dylan Dog all'inferno (nel senso letterale dell'espressione) per controllare se un trapassato sia ancora al proprio posto o qualcuno, come purtroppo è, lo abbia fatto risorgere. Ci imbattiamo pure in Jason Blood, parte umana del demone Etrigan, e dopo aver visitato Londra veniamo trasportati anche a Gotham City (sì, l'Indagatore dell'incubo prende anche l'aereo, eccezionalmente). La scena più divertente, per me, resta quella in cui Dylan va a letto con Selina Kyle, senza sospettare (almeno così sembra) che si tratti di Catwoman, neppure quando lei lo graffia. Certo, chi non conosca bene l'universo DC e poco o nulla sappia dei personaggi che Batman si porta dietro andando a suonare il campanello di Craven Road potrebbe fare un po' di fatica a barcamenarsi ma, tutto sommato, l'avventura è godibile anche per i non adepti. Brillanti i dialoghi, le battute di Groucho fanno ridere, Dylan sopravanza Batman quanto a ironia e autoironia, il Pipistrello del resto fa il Cavaliere Oscuro come da contratto, i rispettivi nemici sono tutti temibili e non ci sono primi della classe. Esperimento, dunque, perfettamente riuscito.

sabato 24 febbraio 2024

BREVIARIO SUL FUMETTO ITALIANO (A-B-C)




Saverio Ceri
Francesco Manetti
BREVIARIO SUL FUMETTO ITALIANO (A-B-C)
Phasar Edizioni
brossurato, 2024
154 pagine, 15 euro
 
La scritta "A-B-C" in copertina indica che si tratta soltanto della prima parte del "Breviario sul fumetto italiano", scritto da Francesco Manetti e Saverio Ceri e curato da Nicola Magnolia per la Phasar Edizioni (la stessa casa editrice che aveva pubblicato dello stesso terzetto il Dylan Dog Index 1-25 nel 2018). Nel loro illustratissimo e agile prontuario enciclopedico Manetti e Ceri raccolgono le schede di oltre 2.500 personaggi del fumetto italiano, coprendo un periodo che va dagli albori (dicembre 1908, quando uscì il primo numero del "Corriere dei Piccoli") fino al 31 dicembre 2019, quando il fumetto di casa nostra, al termine degli anni 10 del XXI secolo, compiva esattamente 111 anni. L'intento dei due autori, artefici in passato della rivista "Dime Press" e gestori del blog "Dime Web" che ne ha raccolto l'eredità, è ambizioso: censire il maggior numero possibile di personaggi e serie a fumetti di autori italiani offrendo brevi note al riguardo in grado di indirizzare verso maggiori approfondimenti senza distinguere il fumetto popolare da quello d'autore, nell'evidente convinzione che produzioni e autoproduzioni, testate sexy e serie per ragazzi, comics web e fanzine abbiano lo stesso diritto di venire citate, ricordate, censite. Si comincia con Nonna Abelarda, che scopriamo essere nata come nonna di Volpetto per poi vedersi cambiare il nipote in Soldino, baby Re di Bancarotta. Dato che c'è anche il mio Battista il Collezionista, non posso che dirmi soddisfatto. Si potrebbe obiettare che avendo Internet a disposizione un "breviario" del genere possa interessare solo gli irriducibili della carta. Non è vero: a parte che il ricorso alla Rete non esclude la consultazione cartacea, anche per orizzontarsi nel Web servono più spesso di quanto si creda le giuste dritte.


venerdì 23 febbraio 2024

LA GIOVENTU’ DI MICKEY

 


Tebo
LA GIOVENTU’ DI MICKEY
Panini Comics
cartonato, 2023
80 pagine, 16.50 euro

Sempre deliziosi i volumi (veri e propri grahic novels) editi Oltralpe dalla Glénat in accordo con la Disney. Si tratta di cartonati da libreria nel classico formato “alla francese” affidati ad artisti a cui è concessa la facoltà di uscire, utilizzando il buon senso, dai paletti dell’ortodossia disneyana interpretando, o reinterpretando, i personaggi legati ai microcosmi di Topolinia e Paperopoli, perlopiù rifacendosi ai cartoni animati o alle strisce delle origini. Ne abbiamo già parlato in questo spazio, per esempio qui e qui (cliccate sui “qui” colorati se volete leggere come). La reinterpretazione di Topolino da parte di Tebo (Caen, 1972) è piuttosto libera, rispetto al Mickey Mouse della tradizione: diciamo che  un “altro” topo, anche se lo spirito avventuroso dei primi cartoni animati e delle prime strips è riconoscibile (come riconoscibili sono Minni, Gambadilegno, Pippo e Paperino che compaiono nel racconto). La prima stranezza è vedere un Topolino ormai vecchio che racconta la propria gioventù al pronipote Norberto, facendo sorgere nel ragazzino (sveglio ma disposto a farsi incantare dalla narrazione) il dubbio che il prozio si stia inventando tutto. A proposito di invenzioni, il Mickey di Tebo è un fantasioso inventore (di una pistola sparamaionese, di un casco a elica antipioggia, di un sommergibile il cui pilota viaggia a testa in giù, di un macchinario per fabbricare la cioccolata…), il che mi pare sia una trovata inedita che offre lo spunto per una serie infinita di gag attraverso gli anni che vanno dall’epoca del Far West fino a quella dell’esplorazione della Luna, passando attraverso la Prima Guerra Mondiale e il Proibizionismo (è vietato il cacao). Gag, va detto, molto divertenti. I disegni sono lontani dallo standard disneyano ma assolutamente deliziosi ed efficaci. Insomma, lettura consigliata a pieni voti anche ai lettori di provata fede Disney.


giovedì 22 febbraio 2024

IL VULCANO D'ORO

 


Jules Verne
IL VULCANO D'ORO
Arnoldo Mondadori Editore
Collana Oscar Leggere i Classici
Prima edizione maggio1997
Traduzione di Pierluigi Pellini
brossurato - 320 pagine - lire 11.000


Potrebbe sembrare strano che un romanzo così avventuroso e intrigante sia uno fra i meno conosciuti di Jules Verne (1828-1905). Una spiegazione, in realtà, c’è: “Il vulcano d'oro” è un racconto rimasto incompiuto, iniziato nel 1899 ma pubblicato postumo nel 1906, un anno dopo la morte dell’autore, in una versione pesantemente rimaneggiata dal figlio Michel. Soltanto nel 1989 è stata data alle stampe una versione filologica fedele al manoscritto originale, chiaramente ancora lontano dalla versione definitiva che Verne avrebbe voluto licenziare, senza revisione, e con alcune parti lasciate in bianco: le note finali di Olivier Dumas dell’edizione negli Oscar Mondadori provvedono a fare chiarezza in proposito. L’ambientazione è quella delle rive del fiume Klondike durante gli anni della Febbre dell’Oro. Come al solito, lo scrittore francese approfitta della trama avventura per far sfoggio di grande documentazione. Vengono fornite al lettore descrizioni puntali e didascaliche delle difficoltà del viaggio nel Grande Nord, della durezza della vita dei minatori, della bellezza straordinaria del selvaggio paesaggio. I protagonisti sono due cugini, Ben Raddle e Summy Skim, che ricevono un'inaspettata eredità: un lotto aurifero in una remota regione del Canada nord-occidentale, ai confini del Circolo Polare Artico. Ben è un ingegnere dotato di spirito avventuroso e trascina il riluttante Summy in un lunghissimo viaggio che inizialmente ha solo lo scopo di vendere il lotto ereditato, salvo poi il convincersi da parte dei due della convenienza di sfruttarlo. Infine, la spedizione diventa la ricerca del mitico Golden Mount, appunto il Vulcano d'Oro. L'incontro dei cugini con due donne (una, Jane, coraggiosa e determinata a diventare una cercatrice d'oro; l'altra, Edith, timida e introversa) rende più intrigante il susseguirsi di avventure.  Leggiamo in quarta di copertina: “Alla trama avventurosa si intreccia una descrizione vivace della vita piena di stenti e delle passioni distruttrici dei cercatori d'oro; ma il tema principale, e tipicamente verniano, del libro è probabilmente la lotta dell'uomo, dell'esploratore, dell'ingegnere, contro le forze tremende di una natura avversa: la febbre dell'oro deve fare i conti con bufere di neve, alluvioni, eruzioni vulcaniche". Il romanzo di Verne ha sicuramente ispirato Claudio Nizzi nella sceneggiatura di una emozionante storia di Tex, “Il risveglio del vulcano”, del 1995. 

domenica 18 febbraio 2024

MICKEY'S CRAZIEST ADVENTURES

 


Lewis Trondheim
Keramidas 
MICKEY'S CRAZIEST ADVENTURES
Panini Comics
cartonato, 2023
50 pagne, 15 euro
 
Ci erav
amo già imbattuti in Trondheim e Keramidas parlando di un altro volume (In realtà, precedente a questo) della collana "Disney Collection", che propone strepitosi volumi "alla francese", realizzati per l'appunto in Francia (anche se talvolta con il contributo di autori italiani), con protagonisti i personaggi dell'universo disneyano, reinterpretati in modo insolito, rispettoso (se non addirittura affettuoso) ma non canonico. I due autori di "Mickey's Craziest Adventures" sono gli stessi di "Alla ricerca delle felicità" (cliccare per saperne di più) ed è la stessa la colorista Brigitte Findakly.  
Trondheim e Keramidas usano, quale espediente narrativo che giustifichi le caratteristiche di entrambe queste loro storie, tanto bizzarre quanto irresistibili, il ritrovamento in un mercatino dell’usato di alcuni numeri di vecchi albi disneyani di cui si era persa la memoria. Qesto volume nasce, perfinzione narrativa, dal ritrovamento di una collana intitolata “Mickey’s Crazies Adventures” (dunque dedicata a Topolino); in "Alla ricerca della felicità" (il secondo titolo) a saltar fuori da una polverosa bancarella è un intero pacco di “Donald’s Quest”, una testata con invece protagonista Paperino, naturalmente mai vista prima. Lewis e Nicolas ripropongono dunque una avventura completa così come dicono di averla riscoperta, cioè con le pagine un po’ stropicciate e ingiallite dal tempo, qualche macchia di unto su certe vignette, i colori retinati tipici di un tempo, degli strappi e delle abrasioni. Un falso perfetto, tradito solo dal disegno più moderno di quanto ci si aspetterebbe, o perlomeno decisamente non barksiano (ma efficacissino). 
 Il racconto procede sulla misura di una tavola per volta, vale a dire che ogni pagina (quattro strisce) si propone come autoconclusiva, con una battuta finale, come le domenicali americane di un tempo, ma la tavola successiva si riallaccia alla precedente portando avanti il racconto. A complicare e rendere più diverteti le cose c'è una trovata aggiuntiva: non tutte le tavole sono state ritrovate, per cui , per esempio, si cominvcia con la seconda mancando la prima, si salta alla quarta, poi alla settima e via dicendo. Al lettore viene lasciato il compito di immaginare cosa accada tra una puntata e l'altra. E davvero accade di tutto. 
Come già in "Donald's Quest" il microcosmo di Topolino si intreccia con quello di Paperino, e i due vivino rocabolesche avventure alla ricerca del denaro sottratto a Zio Paperoni dai Bassotti grazie a una invenzione di Archimede Pitagorico che riduce persone e oggetti alle minime dimensioni, ma nell'indagine compaiono Basettoni e Pippo, il professor Enigm e le Giovani Marmotte, Minni e Paperina. Si va sulla Luna, in fondo agli oceani, nella giungla e fra le nevi himalayane, al ritmo di gag irresistibili. Fumetto allo stato puro, evviva!

sabato 17 febbraio 2024

49 STORIE BREVI

 

 
Alfredo Castelli
49 STORIE BREVI
Allagalla
Cartonato, 2023
320 pagine, 45 euro

Come giustamente fanno notare Matteo Pollone  e Roberto Guarino nella loro introduzione al volume, “quando, nel 1982, comincia a uscire Martin Mystère, Alfredo Castelli ha trentacinque anni e alle spalle un numero di sceneggiature e di collaborazioni editoriali che da sole varrebbero un’intera carriera”. L’autore aveva infatti iniziato a pubblicare le sue storie fin dal 1965, appena diciottenne (facendo partire il conto da quelle realizzate professionalmente), essendo lui nato nel 1947. Nel momento di dare alle stampe il primo albo del suo Detective dell’Impossibile, Castelli poteva fregiarsi di un curriculum in cui figuravano fumetti dei generi più diversi realizzati per Diabolik, il Monello, Topolino, Horror, il Giornalino, il Corriere dei Piccoli, il Corriere dei Ragazzi, SuperGulp, ma anche per testate straniere. Per non parlare degli articoli e dei saggi scritti, delle esperienze come inventore di fanzine e di riviste o di redattore fac-totum in varie Case editrici. Per Sergio Bonelli aveva scritto vari episodi di Zagor e un volume della collana “Un uomo, un’avventura”. Anche dopo il varo di Martin Mystère, tuttavia l’iperattività castelliana non avrebbe trovato sosta, né la sua vulcanicità creativa sarebbe venuta meno. Il volume edito da Allagalla “49 storie brevi”, curato dallo stesso Castelli (che commenta ogni singolo racconto), raccoglie una selezione di una cinquantina di short stories apparse tra il 1971 e 1978 sul Giornalino, il Corriere dei Ragazzi e SuperGulp. Tutte  (tranne una, la prima) rappresentano esempi di graphic journalism, genere in voga sulle riviste per ragazzi dell’epoca, e sono basate su episodi storici (soprattutto quelle scritte per Il Giornalino) o fatti di cronaca (soprattutto quelle scritte per il Corriere dei Ragazzi). Si tratta dunque di racconti liberi, realizzati da Castelli mentre portava avanti anche serie con personaggi fissi, come “Gli aristocratici” o “L’Ombra”. C'è, evidentemente, un fine didattico o divulgativo dietro ogni storia, ma l'intento non inficia l'approccio accattivante e contagiosamente curioso dell'autore all'argomento affrontato. Stupisce il gran numero di illustratori che affiancano lo sceneggiatore: disegnatori di ottimo, se non straordinario livello, come Sergio Toppi, Attilio Micheluzzi, Aldo Di Gennaro, Franco Caprioli, Ruggero Giovannini, Alarico Gattia, Sergio Zaniboni, Mario Uggeri. Ma ci sono anche i nomi di alcuni che Castelli avrebbe portato con sé nello staff di Martin Mystère, come Giancarlo Alessandrini, Franco Devescovi, Sergio Tuis, Paolo Ongaro. Il disegnatore più sorprendente, rappresentato con ben cinque racconti, è sicuramente Bonvi.


venerdì 16 febbraio 2024

CRONACHE DEL MONDO PRIMA DELLA RISOLUZIONE

 


Marco De Angelis
CRONACHE DEL MONDO PRIMA DELLA RISOLUZIONE
Sbam!
brossurato, 2023
210 pagine, 20 euro


“Reperti satirici sulla fine dell’umanità”, recita il sottotitolo, poco sopra l’illustrazione di copertina che mostra un robot scaldarsi bruciando libri in uno scenario da dopobomba. La cover non soltanto rende ragione dei contenuti interni ma ben spiega quale sia la portentosa magia di quegli umoristi che con la forza di una vignetta, senza bisogno di parole, comunicano un messaggio di portata planetaria, persino impossibile da spiegare nello spazio di un articolo di giornale o, talvolta, addirittura in quello di un libro. Il linguaggio dell’illustrazione satirica parla tutte le lingue, ed è per questo che lo possono comprendere anche gli illetterati senza bisogno di mediazione e fa paura ai censori, ai tiranni, ai terroristi. Marco De Angelis (Roma, 1955) è un mostro di bravura, persino più noto all’estero che in Italia, ed ha pubblicato su circa 200 testate ricevendo oltre 150 riconoscimenti internazionali. Per il suo tratto grafico lo si potrebbe paragonare a Quino. Sbam! Raccoglie duecento suoi lavori a colori in una sorta di “best of” suddiviso per temi: la guerra, l’ambiente, la tecnologia, la libertà, i migranti, il rapporto uomo-donna, il consumismo, la società. La riflessione di De Angelis non è mai faziosa e violenta, ma colpisce nel segno: si sorride amaramente e di solito si annuisce in silenzio. Due i testi a commento: l’introduzione di Thierry Vissol (direttore del Centro “Librexpression, del cui consiglio scientifico De Angelis fa parte) e una postfazione di Luigi F. Bona (direttore del Museo del Fumetto di Milano).