lunedì 10 agosto 2015

DON CHISCIOTTE




DON CHISCIOTTE
di Benito Jacovitti
a cura di Luca Boschi 
Edizioni Di, 2006 

Non so se riuscirò mai a completare la raccolta dell'opera omnia di Jacovitti, ma ogni volta che mi procuro un nuovo libro che manca alla mia collezione resto a bocca aperta di fronte ai suoi disegni e alle sue trovate. E' successo anche in questo caso, davanti al paginone iniziale in cui il geniale autore molisano (che ho avuto la fortuna di incontrare, una volta, e di vedermi offrire uno dei suoi sigari che pretese di vedermi fumare insieme a lui) offre una visione d'insieme della vita nel medioevo così come se la immaginava. Si mostra, fra le altre cose, l'attacco a una fortezza: gli occupanti hanno messo rose e fiordalisi davanti all'ingresso e apposto un avviso che dice "Vietato calpestare i fiori". "Con quel cartello bene in vista, il nemico non entrerà nemmeno con il ponte levatoio abbassato!", dice un soldato a un altro. In un altro punto del castello, c'è una parete intera tappezzata di manifesti affissi che dicono tutti: "Vietata l'affissione". In alto, un soldato "mette i merli in gabbia" coprendo la merlatura con delle voliere. Le palle di cannone sono depositate in un angolo con un cartello che recita: "Tre palle un soldo". Insomma, non c'è un solo angolo del paginone senza una battuta, soltanto grafica o recitata con i balloon. "Tutto quello che vedete è una scusa per dirvi che dal prossimo numero del Vittorioso vedrete un Don Chisciotte del sottoscritto. Ciao, Jacovitti", si legge in un papiro in alto a destra. Ma poi, quando si passa alla prima puntata, di medievale non c'è proprio nulla, dato che il Don Chisciotte jacovittiano è ambientato ai giorni nostri, anzi, ai giorni suoi, cioè nel 1950 (anni in cui il racconto venne realizzato). Quando ho usato il termine "paginone" non ho usato un'iperbole: si tratta davvero di paginoni, dato che l'edizione curata da quel fenomeno di Luca Boschi ripropone le pagine del formato originale (o quasi) del Vittorioso, e dunque su fogli (più o meno) A3. Ne viene fuori un libro un po' impegnativo da maneggiare ma si tratta dell'unico modo per restituire l'opera alle dimensioni originarie. Che poi, Jacovitti scriveva i testi piccini piccini e riempiva le vignette, incastrandole fra loro, per cui non sarebbe stato neppure facile, volendo, riprodurre le tavole in formato più piccolo o rimontarle in un altro modo. E' questo il motivo, come si spiega nell'introduzione, per cui gli originali del Don Chisciotte si sono salvati dallo scempio fatto su altre tavole, tagliuzzate in maniera indegna da grafici folli chiamati a organizzare delle edizioni tascabili. A proposito di introduzione, un applauso a Boschi per il suo informatissimo saggio su tutti gli adattamenti umoristici a fumetti del Don Chisciotte (da quelli disneyani a quelli erotici) fatti in Italia, ma tirando in ballo anche Picasso e Dalì e parlando delle versioni cinematografiche internazionali, e per la ricostruzione della vicenda editoriale della parodia jacovittiana, uscita sul "Vittorioso" dal 9 febbraio all'8 ottobre 1950, e riproposta poi in volume nel 1953. Una versione in bianco e nero uscì poi su "Il Mago" nel 1973, in bianco e nero. E sono proprie queste due versioni a costituire il cartonato delle Edizioni Di, che presentano l'opera sia a colori, come uscì originariamente, sia in black & white. Si diceva di come, in realtà, Jacovitti non abbia fatto una versione a fumetti del romanzo di Cervantes, ma si sia cimentato nell'impresa di trasferirne lo spunto ai giorni nostri, per poi però abbandonare del tutto l'ispirazione fornita dal testo letterario. Nelle prime puntate, infatti, il Don Chisciotte contemporaneo immaginato dall'autore si scaglia contro un treno scambiandolo per un drago, così come il personaggio di Cervantes combatteva contro i mulini a vento vedendoli come giganti malvagi, ma poi tutto si trasforma in una satira sociale sull'italietta degli annoi Cinquanta, con le campagne elettorali feroci tra comunisti e democristiani, i malvagi palazzinari, i politici collusi con la malavita (c'è anche Zagar, il "Macchia Nera" jacovittiano), e così via. La lettura non è facile, per quanto sono fitti di parole e di segni i paginoni (ognuno dei quali costituiva una puntata), ma le trovate grafiche e le battute a sorpresa, talvolta folli, valgono la fatica.

1 commento:

  1. Grande Jacovitti, mi ci sono sempre divertita a scuola con il diario Vitt.
    Adele

    RispondiElimina