domenica 21 febbraio 2016

NOVECENTO



Alessandro Baricco
NOVECENTO
Feltrinelli
Collana Universale Economica
Trentunesima edizione febbraio 2000
brossurato 
70  pagine -  lire 7.000

Un monologo teatrale che funziona benissimo anche come romanzo, e che comunque ha ispirato un film molto spettacolare, pur essendo, in fondo, un qualcosa che inizialmente prevede solo la presenza scenica di un attore se non, addirittura, di una sola voce recitante. Sotto qualunque veste, comunque sia, il racconto funziona perché è una bella storia, e c’è alla base una bella idea. “Ho scritto questo testo per un attore, Eugenio Allegri, e un regista, Gabriele Vacis. Loro ne hanno fatto uno spettacolo. Non so se questo sia sufficiente per dire che ho scritto un testo teatrale: ma ne dubito. Adesso che lo vedo sottoforma di libro – scrive Baricco nella prefazione – mi sembra piuttosto un testo che sta in bilico tra una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce. Non credo che ci sia un nome, per testi del genere. Comunque, poco importa. A me sembra una bella storia, che valeva la pena di raccontare. E mi piace pensare che qualcuno la leggerà”. Sul piroscafo “Virginian”, che fa la spola tra l’Europa e l’America negli anni fra le due guerre, qualcuno abbandona un neonato che viene trovato e adottato dall’equipaggio. Viene chiamato Danny Boodman, dal nome del marinaio che se l’era preso a cuore, e TD Lemon Novecento per sovrappiù. Novecento cresce sulla nave, e finisce per non scenderne più. Impara a suonare il pianoforte e diventa un pianista straordinario, anche perché non c’è molto altro da imparare. In ogni caso, finisce per sapere tutto del mondo, ascoltando i racconti dei passeggeri, ma non osa mai scendere a terra. Quando alla fine il transatlantico viene fatto esplodere perché deve essere smantellato, Novecento muore con lui. Al di là della bellezza del racconto, nell’alternarsi di prosa e poesia, di poesia raccontata e di prosa poetica, chiara è la metafora di Novecento che incarna la condizione di tutti coloro che non osano scendere e posare i piedi su un mondo troppo grande che li intimorisce, e finiscono per vedere la realtà solo attraverso i racconti degli altri, gente comunque che a un certo punto se ne va, lasciandoli lì, impossibilitati a costruire rapporti veri. buoni solo a improvvisare concerti e sonate seducenti, che nessuno sentirà più perché non lasciano tracce.

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