domenica 20 marzo 2016

L'AUTUNNO DELL'AZTECO



Gary Jennings
L’AUTUNNO DELL’AZTECO
Rizzoli
Collana La Scala - Traduzione di Maria Teresa Marenco
Prima edizione ottobre 1997
cartonato - 452 pagine -  lire 32000

“Lo vedo ancora bruciare”. Con questo fulminante inizio, Gary Jennings collega questo suo nuovo romanzo dedicato agli Aztechi alla fine di quello precedente di cui è l’ideale seguito. Ne “L’Azteco”, infatti, il protagonista Mixtli, ribattezzato Juan Damasceno dagli invasori spagnoli, finiva bruciato sul rogo. Tra la folla che assiste all’esecuzione c’è anche suo figlio, un figlio a lui ignoto, nato dal suo amore occasionale con una donna della città costiera di Aztlan. Proprio il figlio di Mixtli, Tenamaxtli, è il protagonista del nuovo racconto. Purtroppo, come spesso capita ai sequel, il proseguo del primo romanzo delude le aspettative suscitate appunto dalla straordinarietà dell’opera precedente. “L’Autunno dell’Azteco” non è all’altezza del modello iniziale. Forse, se qualcuno non avesse letto “L’Azteco” potrebbe trovare più interessante queste vicende. Ma tanto era il fascino dell’altro libro, che questo secondo non riesce a brillare neppure di luce riflessa. Eppure Jennings non costruisce una storia banale e si sforza, come già aveva fatto prima, di mescolare realtà e fantasia per restituire al lettore un quadro vivo di un’epoca. Il racconto parla dell’ossessione di Tenamaxtli di organizzare un esercito di nativi centroamericani (dai Mexica agli Yaki) per ricacciare in mare gli occupanti spagnoli. Per realizzare il suo sogno, impara la lingua castigliana, assume un nome ispanico (Juan Britanico), impara l’uso delle armi da fuoco, scopre la composizione della polvere da sparo, costruisce un archibugio, poi si mette a girare il Messico in lungo e in largo per fomentare la rivolta. Deve vedersela contro intrighi di ogni genere e perfino con alcuni della sua gente che scendono a patti con il nemico (il suo perfido cugino, per esempio). Contro i suoi avversari, Tenamaxtli è crudele come solo un azteco (cresciuto a pane e sacrifici umani) può esserlo. Divenuto signore di Aztlan, la sua città natale, costituisce un primo piccolo esercito che poi diventa numerosissimo. Con quello, attacca e conquista il centro di Tonala, futura Guadalajara. La forza e la crudeltà dimostrata terrorizzano gli spagnoli. Ma proprio quando il protagonista sta per attaccare Città del Messico, la sua rivolta viene bruscamente fermata dal viceré Mendoza, che la soffoca nel sangue. La vicenda, naturalmente, ha un fondamento storico. Nella parte finale del romanzo c’è l’unica, vera sorpresa. La Veronica a cui per tutto il libro Tenamaxtli si rivolge (raccontando in prima persona) si scopre essere sua figlia. E’ una giovane donna che porta in sé il sangue di etnie diverse: quella autoctona messicana, quella spagnola e quella di colore. “Il tuo delizioso volto è il volto dell’Unico Mondo”, dice il protagonista prima di morire, riferendosi alle tante razze unite in un volto solo, simbolo del Messico che verrà. E quasi si pente di aver fomentato la ribellione per tutto il racconto. La fine della guerra da lui scatenata è brusca e quasi tirata via, molto affrettata. Ma ci sono altri difetti: altri passaggi non ben sfruttati, e poi la stanchezza inventiva di alcune pagine. Ma soprattutto c’è il problema del carattere crepuscolare del racconto. “L’Azteco” raccontava di una civiltà florida e affascinante, di piramidi sui cui gradini rotolavano i corpi di migliaia di uccisi, di Cortes e Montezuma. Qui siamo in autunno, ci sono solo preti, soldati con l’archibugio, aztechi proni e convertiti, rovine e miseria. La spedizione di Coronado verso le Città di Cibola è appena accennata. Il sesso e la violenza a volte sono pretestuosi. Ma chissà, forse questa sensazione è solo il dispiacere per non avere ritrovato il vecchio Mixtli. Ci sono stati altri due seguiti.


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