martedì 3 maggio 2016

FOLLIA



Patrick McGrath
FOLLIA
Adelphi
Diciottesima edizione novembre 1999
brossurato - 304 pagine
lire 32.000

"Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni. La storia di Stella Raphael è una delle più tristi che io conosca".  Queste sono le parole con cui comincia il romanzo di Patrick McGrath, con pratogonista appunto Stella, moglie del vicedirettore di un manicomio, Max, uomo fondamentalmente inetto, tanto preso dalle sue ambizioni professionali e di carriera quanto succube di una madre ricca e altezzosa quanto, soprattutto, distratto nei confronti della consorte. “Stella era una donna profondamente frustrata, che subì le prevedibili conseguenze di una lunga negazione e crollò di fronte a una tentazione improvvisa e soverchiante – scrive Mc Grath nei panni dell’io narrante, l’anziano psichiatra Peter Cleave - Come se non  bastasse, era una romantica. Traspose la sua esperienza con Edgar Stark sul piano del molodramma, facendone la storia di due amanti maledetti che sfidano il disprezzo del mondo in nome di una grande passione”.  Stella Raphael, vivendo con il marito all’interno del manicomio dove questi lavora, conosce uno dei pazienti lì ricoverati, che sta abbastanza bene da poter godere di una certa libertà fra le mura dell’ospedale e viene addirittura impiegato dal marito Max per restaurare una vecchia serra del giardino, visto che l’uomo, Edgar Stark, è un artista. Egdar è dentro per aver ucciso la moglie, vittima della sua folle gelosia. E’ attraente e interessante, e Stella ne subisce il fascino. Fra i due nasce una storia d’amore e di passione, ma dai risvolti indubbiamente patologici. Il pazzo, ché di pazzo si tratta, evade dal manicomio e di lì a poco Stella lo raggiunge, fugge dal marito e dal figlio e comincia a vivere una vita abbrutita nei sobborghi più squallidi di Londra, senza alcuna prospettiva e senza alcuna attesa per il futuro, paga solo del rapporto totalizzante con lui, in un drammatico crescendo di degrado fisico e psichico. Edgar peraltro, pur riprendendo a esprimersi da grande artista qual è, comincia a manifestare di nuovo i segni del suo squilibrio, al punto che Stella se ne spaventa e alla fine fugge, senza però riuscire al troncare un legame psichico deviato. Quando Stella torna da Max, la cui carriera è rovinata, per un intero inverno vive con lui, che cerca inutilmente di recuperarla alla “normalità” della sua mediocrità, in stato quasi catatonico, finché una tragedia la porta a essere internata a sua volta nel manicomio di Peter Cleave: il figlio Charlie cade in uno stagno e lei non fa nulla per salvarlo. Le cure di Peter sembrano recuperarla all’equilibrio mentale, e il vecchio amico pensa addirittura di prenderla a vivere con sé, ma solo quando è ormai troppo tardi si rende conto che la donna sta fingendo la sua guarigione, mentre in realtà è ancora Stark che vagheggia, e non potendolo riavere (Edgar è stato riacciuffato ed chiuso a sua volta nello stesso manicomio) preferisce suicidarsi. Il romanzo è molto coinvolgente e a tratti inquietante (l’unico punto debole è, a mio avviso, il proposito di Cleave di sposare Stella) e serve a gettare una luce sinistra sull’aspetto “patologico” dell’amore, dimostrando come l’innamoramento non sia sempre (anzi, secondo alcuni psicologi non lo è mai) segno di salute e di gioia, ma anzi possa assumere a volte (anzi, secondo alcuni sempre) le valenze della follia e dell’insania.

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