giovedì 23 giugno 2016

IL MIEI MARTEDI' COL PROFESSORE




MIEI MARTEDI' COL PROFESSORE
di Mitch Albom
Rizzoli-BUR
1998, brossura, 
200 pagine, 7.50 euro

L'impressione che ne ho ricavato è di trovarmi di fronte alla versione riassunta, edulcorata e buonista di "La mia fine è il mio inizio", il libro che Folco Terzani ha ricavato dalle sue conversazioni con il padre Tiziano arrivato alla fine dei suoi giorni nell'eremo dell'Orsigna. Qui il protagonista è un vecchio professore di non è ben chiaro che cosa (psicologia? Sociologia?) di una università del Massachusetts, Morrie Schwartz (realmente esistito al pari di Terzani, beninteso, nonostante l'erronea dicitura "romanzo" leggibile in copertina). Il narratore è invece Mitch Albom, giornalista, scrittore e sceneggiatore cianematografico con all'attivo "Le cinque persone che incontri in cielo" e "Un giorno ancora", che "hanno conquistato milioni di lettori in tutto il mondo" - ma di cui confesso di non aver mai sentito parlare. Albom è stato allievo di Schwartz nei suoi corsi universitari, e ne ha conservato il ricordo di una persona meravigliosa, il migliore dei suoi insegnanti. Così, quando a distanza di anni sente dire che il vecchio professore sta per morire, colpito da una malattia neurodegenerativa, la sclerosi laterale amiotrofica, decide di andarlo a trovare. Non solo: comincia a fare ogni martedì un lungo viaggio per trascorrere con lui mezza giornata, e seguire una sorta di ultimo corso di cui egli è l'unico studente, durante il quale, man mano che la SLA fa il suo sporco lavoro, Schwartz gli impartisce lezioni di vita e, direi soprattutto, di morte. I consigli di Morrie sono pacati e di buon senso, frutto di una pace e di una serenità interiore che non si crede facile da raggiungere di fronte alla sofferenza e alla prospettiva dell'addio. Invece il vecchio professore si rallegra di poter avere il tempo, dato il lento incalzare del male, di prepararsi alla morte e accomiatarsi da tutti. Colpisce, di nuovo, il parallelo con Terzani: anche il giornalista fiorentino diceva di essere ormai pronto a lasciare questa vita, distaccato dal mondo. In ambedue i casi mi sono domandato perché nessuno dei due abbia fatto una razionale previsione o ipotesi sull'aldilà, che è la cosa che più mi interesserebbe sapere da chi si dice sereno di fronte alla prospettiva di attraversare il tunnel. Tuttavia, sarà soddisfatto se anch'io, riuscirò a essere pronto, il giorno fatidico. Quanto al resto, Schwartz riflette sulla stupidità della paura di invecchiare o di invidiare i più giovani, sulla famiglia, sull'amore, sul matrimonio, sul perdono, sulle amicizie. Non fa rivelazioni epocali, si limita a snocciolare i convincimenti che ha maturato sulla base della sua esperienza di uomo circondato (indiscutibilmente per sui merito) da persone che gli vogliono bene. Il tutto argomentato con pacatezza e buon senso. Il che rasserena. Non rasserena vedere l'incalzare della SLA, e sono abbastanza certo che io, nelle stesse circostanze, farei un viaggio, senza ritorno, in Svizzera.

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