lunedì 21 novembre 2016

VIAGGIO IN SARDEGNA




VIAGGIO IN SARDEGNA
di Michela Murgia
Einaudi
2008, brossurato,
200 pagne, euro 13.50

"Undici percorsi nell'isola che non si vede", spiega il sottotitolo e già chiarisce il punto di partenza: non si tratta di una raccolta di cartoline, di una guida turistica a uso dei bagnanti, di un elenco di luoghi comuni. L'autrice, Premio Campiello e sardissima a dispetto del cognome che fa venire in mente la Puglia, conduce il lettore nel cuore dell'isola, quello che dalle spiagge di certo non si scorge. E lo fa senza il provincialismo di chi vuol esaltare le bellezze di un luogo per il pur legittimo orgoglio di esserci nato, ma con la consapevolezza di chi ha coscienza del vero spirito di una terra e dell'autentico animo dei suoi abitanti e cerca di raccontarli con una scrittura chiara ma di grande respiro a chi, da lontano, ne ha una conoscenza filtrata da stereotipi, depliant di villaggi vacanze, notizie di cronaca nera del telegiornale. Si scopre subito come la cosa più interessante della Sardegna sono i sardi, misteriosi fin dalle risultanze genetiche, abituati a parlare più attraverso i silenzi che le parole, discendenti da società matriarcali di cui ancora oggi si tramanda il ricordo della grande importanza data alle donne, così marcati dal' "alterità" da sentirsi diversi non solo da quelli del "continente" ma anche dagli abitanti dei paesi vicini. E poi il mare: amico, forse, oggi, per il beneficio recato all'economia da chi va a prendere il sole sulle spiagge, ma nemico storicamente perché porta di ogni invasione. Ed ecco i nuraghi, da ciascuno dei quali un tempo se ne potevano vedere almeno altri due, e che comunicavano subito a grandi distanze, con fuochi accesi sulle sommità, se un pericolo incombeva sulle misteriose e antichissime comunità che li avevano eretti. Così bravi a difendersi, i dardi, rifugiandosi nell'interno aspro e impenetrabile della loro isola, che i romani, pur avendo pianificato la conquista e la colonizzazione della Sardegna, dovettero loro malgrado fermarsi sulle coste e chiamarono "barbare" le regioni dell'entroterra: da cui Barbagia, appunto. E quindi un popolo di contadini e di pastori, e non di naviganti e marinai, vestiti però di tutto punto, come se che invece di andare a pascolare le pecore o a zappare i campi partissero ogni mattina per una sfilata di moda, come già notava Lawrence nel suo diario di viaggio, descrivendo i pizzi e i merletti dei vestiti. La lettura della Murgia fa venire voglia di seguire gli itinerari da lei consigliati, lontani da quelli più battuti dai turisti. Ma anche senza partire, o in attesa di farlo, qualcosa in più sull'isola si riesce a capirlo.

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