martedì 29 marzo 2016

SOTTO IL SOLE DI MEZZANOTTE



CORTO MALTESE
SOTTO IL SOLE DI MEZZANOTTE
di Juan Dìaz Canales e Rubén Pellejero
Rizzoli Lizard
2015, cartonato
110 pagine, 20 euro

Si tratta della prima storia di Corto Maltese non scritta e non disegnata da Hugo Pratt, con l'avallo ufficiale di chi detiene i diritti del personaggio. A me è piaciuta, e parecchio. Mai avrei voluto essere nei panni dello sceneggiatore, condannato a venir criticato qualunque cosa avesse fatto: per quanto mi riguarda, promosso a pieni voti. Canales si è trovato di fronte a un bel dilemma: decostruire Corto Maltese con un'operazione simile a quella fatta da Frank Miller con Batman ne "Il ritorno del Cavaliere Oscuro"? Proseguire la saga interrotta da Pratt con "Mu" con il particolare stile grafico di quella storia, giunto a una sintesi estrema quasi da pop art? Svelare che cosa accade al marinaio di La Valletta dopo il 1925, quando (stando alla biografia prattiana) se ne perdono misteriosamente le tracce? Per fortuna, gli autori hanno escluso le prime due ipotesi e rimandato a data da stabilirsi la terza. "ll sole di mezzanotte" ci propone non solo il Corto Maltese che conosciamo ma anche quello delle storie migliori. 
Anarchico e senza patria ma anche senza violenza se non quando è necessario, ironico ma distaccato solo all'apparenza, filosofo e giramondo senza bandiere da sventolare ma con un forte senso della giustizia e della libertà. E dell'avventura. Dunque, rispetto assoluto verso il personaggio e verso i suoi lettori, sia nei testi che nei (bei) disegni. Di Corto sappiamo che nasce a Malta il 10 luglio 1887 e scompare nel 1925 cercando le tracce del leggendario continente perduto di Mu. C'è chi sostiene di averlo incontrato in Spagna durante la guerra civile, ma la circostanza non è confermata. Di lui, Pratt ci ha raccontato 29 avventure e dunquei, a vent’anni dalla morte del suo creatore, Canales e Pellejero ci consegnano la trentesima. Nella cronologia cortiana, "Sotto il sole di mezzanotte" si colloca nel 1915, vale a dire dopo la "Ballata del Mare Salat" e prima del "Segreto di Tristan Bantam". Si sa che Pratt aveva cominciato con la "Ballata" nel 1967, per poi ricostruire gli eventi precedenti in altri episodi della saga. Il trentesimo racconto comincia (dopo un breve prologo tropicale) a San Francisco, dove Corto Maltese si reca per incontrare il suo amico Jack London (da lui conosciuto nel 1904 in Manciuria durante la guerra russo-giapponese). Non lo trova ma gli vengono recapitate due sue lettere, una per lui e una da consegnare in Alaska a una donna di origini giapponesi chiamata Waka Yamada, conosciuta durante gli anni trascorsi tra i cercatori d'oro del Klondike. La prima lettera incarica Corto di recapitare la seconda, dato che lo scrittore sente vicina la morte (che sarebbe avvenuta nel 1916). In cambio, gli promette un tesoro lasciato per lui nella sua capanna a Dawson. 
Il viaggio del maltese verso l'Alaska è movimentato e avventuroso, caratterizzato da continui colpi di scena e cambi di scenario. C'è davvero di tutto, dalla nave bloccata nel ghiaccio al pazzo che vuol creare una repubblica di stampo robesperriano con tanto di ghigliottina installata fra le nevi del Grande Nord, passando per i ribelli feniani (americani di origine irlandese che crearono subbuglio in Canada contro il governo inglese) e le lotte per l'emancipazione femminile. Non manca una corposa e interessante sottotrama legata allo sfruttamento del bitume affiorante da cui si ricava il petrolio. Si nota (e si apprezza) un grande sforzo di documentazione. Waka Yamada è una paladina della lotta contro i trafficanti di donne condannate alla prostituzione e per questo si trova nei guai. Corto ce la toglie e consegna la lettera. Quanto al tesoro promesso, il marinaio lo trova là dove London aveva detto, ma Corto non può (o non vuole) sfruttarlo. Intanto, in Europa si addensano le nubi della Prima Guerra Mondiale. Il Corto di Canales e Pellejero in certe pagine sembra Ken Parker, e questo (ai miei occhi) è un valore aggiunto.

lunedì 28 marzo 2016

IL MAGO DEI NUMERI





IL MAGO DEI NUMERI
di Hans Magnus Enzensberger
Einaudi
cartonato, 1997
280 pagine, 28000 lire

"Un libro da leggere prima di addormentarsi, dedicato a chi ha paura della matematica", recita il sottotitolo. La divertente illustrazione di Rotraut Susanne Berner in copertina già anticipa tutte le altre (quasi in ogni pagina) contenute all'interno e che aiutano moltissimo a seguire quel che il Mago dei Numeri spiega al refrattario Roberto. Enzensberger (classe 1929) non è un matematico ma un poeta, e confessa (ringraziandoli) vari esperti che gli hanno dato una mano. Tuttavia, forse perché proprio profano ma con il gusto della divulgazione, riesce a rendere affascinante e quasi fiabesco il primo approccio alla matematica. Al protagonista, Roberto, che trova indigesto il mondo dei calcoli e delle cifre, compare in sogno un diavoletto, il Mago dei Numeri, che si picca in dodici notti (come quelle shakesperiane) di insegnarli, facendolo incuriosire, i rudimenti matematici. Per chi già certe cose non le sa è davvero curioso, e sa quasi di magia, scoprire come tutti i numeri pari sono la somma di due numeri primi, e quelli dispari lo sono di tre; così come è incredibile che prendendo un qualunque numero e raddoppiandolo, fra il primo e il secondo c'è sempre almeno un numero primo. Le stesse cose magiche avvengono esaminando la sequenza di Fibonacci piuttosto che il mondo delle potenze, delle frazioni e delle radici quadrate. I disegni aiutano a capire in modo divertente. Certo, non si tratta di un manuale tecnico o di un saggio scientifico, ma davvero vien voglia di saperne di più.

sabato 26 marzo 2016

PAINTED DESERT



PAINTED DESERT
di Mauro Boselli e Angelo Stano
Sergio Bonelli Editore, 2016,
cartonato, 50 pagine
8.90 euro

Il terzo volume della collana semestrale "Tex Romanzi a Fumetti" riporta decisamente la barra verso la tradizione. Dopo la "prova d'autore" di Paolo Eleuteri Serpieri e il cartonato dal taglio francesissimo di Mario Alberti con protagionista un Tex giovane, adesso i testi di Mauro Boselli (sceneggiatore anche del precedente volume) raccontano una storia da film western di quelle che avrebbero potuto benissimo figurare (sviluppata con altri ritmi) nella serie regolare. I disegni di Angelo Stano (il più importante illiustratore di "Dylan Dog"), pur incasellati in una impaginazione meno rigida rispetto alla gabbia a tre strisce del mensile e pensati "alla francese", seguono comunque un montaggio più tranquillizzante per il lettore più affezionato alla classica scansione della tavola. Boselli e Stano avevano già lavorato insieme in "Mohawk River" (un albo speciale, a coloro, de "Le Storie") e qui tornano ad affrontare tematiche legate allo scontro fra bianchi e nativi, con Tex nei panni di Aquila della Notte, capo dei Navajos, e dunque dalla parte dei pellerossa contro una banda di feroci visi pallidi. Accanto a Tex figura il solo Tiger Jack, che aiutano lo sceriffo Scott Nelson, abbandonato nel Deserto Dipinto dal fuorilegge di Earl Crane, rapitore di sua moglie Debra. I banditi sono diretti verso il pueblo di Sombra Verde dove sono convinti sia nascosto un tesoro lasciato lì dai Conquistadores. Non mancano i colpi di scena, soprattutto per il tradimento di un personaggio inizialmente insospettabile. C'è tutto quello che serve per una storia western come si deve. Lettura piacevole.

venerdì 25 marzo 2016

GIRO DI VITE



GIRO DI VITE
di Henry James
Einaudi, 2014
brossurato, 180 pagine
9 euro)

"Se la presenza di un bambino dà un giro di vite, che ne direste di due bambini?", domanda mister Douglas al suo uditorio riunito una sera davanti al fuoco. Poco prima era stata raccontata una storia di fantasmi con protagonista appunto un ragazzino a cui appare uno spettro, ed ecco Douglas proporsi di narrarne un'altra che ruota attorno a due fratellini, Miles (nove anni) e Flora (otto). La vicenda però non sembra essere una favola: tutto è scritto in una sorta di resoconto narrato in prima persona da una giovane istitutrice, miss Giddens, che ha vergato un quaderno in cui rivela gli inquietanti fatti di cui è stata testimone e vittima. La scelta di non scrivere un romanzo che affronti direttamente ciò che si intende raccontare, ma di far ricorso a una sorta di manoscritto trovato in una bottiglia (come fa anche il Manzoni con i "Promessi Sposi" e Umberto Eco nel "Nome della Rosa") è un espediente che serve, in questo caso, a rendere più indeterminata, misteriosa e straniante la trama: tutto è accaduto ad altri e ci si deve affidare a una testimonianza che non può essere approfondita, abbiamo a disposizione solo ciò che ci viene detto e a noi tocca la scelta di decidere se fidarci o no della testimone, confusa quanto noi e spesso reticente. Perché proprio il dover leggere fra le righe le cose non dette rende "Giro di vite" un testo quanto mai disturbante. Henry James, scrittore americano poi naturalizzato inglese (1843-1916), scrisse "The turn of the screw" nel 1889 sperimentando, alla sua maniera, tematiche gotiche: non era però uno scrittore fantastico e privilegiava romanzi con drammi psicologici e conflitti interiori. Tuttavia questa storia di fantasmi gli è venuta decisamente bene, pur in assenza di scene truci. Non si "vede" niente se non l'apparizione di due fantasmi, quella di un uomo dai capelli rossi, Quint, già maggiordomo nella dimora di Bly, dove si svolgono i fatti, e di una donna, pallida e vestita di nero, miss Jessel, precedente istitutrice dei ragazzi adesso affidati alla signorina Giddens. I due erano amanti, e in qualche modo avevano coinvolto i bambini in pratiche di cui non sappiamo nulla. In circostanze diverse e misteriose erano entrambi morti. Però, il loro influsso si riverbera ancora su Miles e Flora, ragazzini adorabili ma con segreti che non vogliono confessare e comportamenti stranianti (fra di loro, complottano cose che non si afferrano). Dopo la morte di miss Jessel, Miles era stato mandato in un collegio, da cui però era stato cacciato per il suo comportamento. Ma che cosa aveva fatto, se apparentemente agli occhi della signorina Giddens è un ragazzino meraviglioso? Miss Giddens comincia a vedere anche lei i fantasmi, che però sembrano interessati solo a scrutare i bambini: che cosa vogliono? Tutto si gioca sul non detto, su una corruzione interiore e su fatti innominabili del passato che non emergono mai. Sono chiari i primi turbamenti adolescenziali di Miles, e c'è del perverso nell'ombra, Il sesso aleggia nell'aria. Ma miss Giddens è una testimone attendibile? O sta impazzendo? Il limite e il pregio del romanzo di James, assolutamente ipnitico, è appunto in questi dubbi senza risposta. L'assenza di genitori (Miles e Flora sono orfani) e dello zio a cui sono stati affidati i ragazzi (che non se ne occupa affidandoli appunto a istitutrici e alla servitù di Bly) rende tutto ancora più complicato: mancano i riferimenti, miss Giddens deve cavarsela da sola. A meno che lo zio stesso non faccia parte del mistero. Il che potrebbe essere. Chi ama i finali aperti, qui trova pane per i suoi denti.

giovedì 24 marzo 2016

LA BALERA DA DUE SOLDI



LA BALERA DA DUE SOLDI

di Georges Simenon
Adelphi - Le inchieste di Maigret
1995, 146 pagine 

10 euro 

Il titolo originale francese "La guinguette à deux sous" (1931) è stato tradotto in Italia anche come "Maigret e l'osteria dei due soldi" e "La balera da due soldi". Si tratta dell'undicesimo romanzo dedicato commissario parigino dalle spalle larghe e dalla pipa in bocca perennemente accesa. Per quanto le inchieste di Maigret siano sempre straordinariamente coinvolgenti e ipnotiche da seguire, questa non si può considerare fra le migliori. Tuttavia non manca di motivi di interesse, a cominciare dal folgorante inizio:
un condannato alla ghigliottina, Jean Lenoir, rivela a Maigret di essere stato testimone di un delitto e di avert ricattato l'assassino insieme a un complice, Victor Gaillard. Quasi per il capriccio di lasciare questo mondo lasciando un enigma da risolvere, il criminale sale sul patibolo senza dire molto di più, e Maigret è costretto a cominciare una verifica su quanto appreso potendo contare su pochissimi elementi, il più concreto dei quali è il nome di un locale, "La balera da due soldi", nel quale quell'uomo, il ricattato, era stato rivisto dopo essere sparito per vari anni, sottraendosi alla morsa di Lenoir e Gaillard. Il commissario individua la "guinguette" in un'osteria sulle rive della Senna, vicino a Morsang, e comincia a frequentarla nel fine settimana, quando sono numerosi i parigini che vi si recano in gita sul fiume.Fra questi, un inglese di nome James, che alza volentieri il gomito e ha una visione disincantata della vita. Quasi sotto gli occhi di Maigret, però, si verifica a Morsang un fatto di sangue: uno dei gitanti, il camiciaio Feinstein viene ucciso, accidentalmente, dall'uomo d'affari Marcel Basso, nel corso di un litigio. Si scopre che Basso era l'amante della bella moglie di Feinstein, Mado, la quale in precedenza, essendo questo il suo costume, aveva avuto una storia anche con James e chissà con quanti altri (tutti sposati) della numerosa compagnia di villeggianti fluviali. Feinstein approfittava di queste relazioni della moglie per chiedere prestiti agli amanti della consorte, fingendo di nulla sapere e facendo intendere che avrebbe tollerato il tradimento (evitando di scombinare i matrimoni altrui) in cambio di qualche aiuto per la sua attività commerciale in difficoltà. Feinstein aveva accumulato un forte debito anche con un tale Ulrich, rigattiere e usuraio, che aveva prestato soldi a diversi personaggi del gruppo prima di scomparire nel nulla: è proprio lui la vittima dell'omicidio di cui Lenoir era stato testimone. L'indagine di Maigret porta alla luce un torbido intreccio di passioni e di interessi, con al centro la bella Mado in grado di far perdere la testa a chiunque, ma incapace di farsi sposare da qualcun altro perché nessun amante, a cui regala comunque momenti di fuga dalla routine coniugale, lascia la legittima consorte per lei. L'assassino si rivela il meno sospettabile (ma non un insospettabile) e il suo caso umano fa comunque compassione e si tende a parteggiare per lui. Notevole, come sempre, l'acume psicologico sia di Maigret (la cui tecnica di indagine si basa sulla comprensione delle dinamiche interiori di chi ha davanti) sia dell'immenso Simenon, uno scrittore a cui si dovrebbe erigere un monumento in una piazza di ogni città.

domenica 20 marzo 2016

L'AUTUNNO DELL'AZTECO



Gary Jennings
L’AUTUNNO DELL’AZTECO
Rizzoli
Collana La Scala - Traduzione di Maria Teresa Marenco
Prima edizione ottobre 1997
cartonato - 452 pagine -  lire 32000

“Lo vedo ancora bruciare”. Con questo fulminante inizio, Gary Jennings collega questo suo nuovo romanzo dedicato agli Aztechi alla fine di quello precedente di cui è l’ideale seguito. Ne “L’Azteco”, infatti, il protagonista Mixtli, ribattezzato Juan Damasceno dagli invasori spagnoli, finiva bruciato sul rogo. Tra la folla che assiste all’esecuzione c’è anche suo figlio, un figlio a lui ignoto, nato dal suo amore occasionale con una donna della città costiera di Aztlan. Proprio il figlio di Mixtli, Tenamaxtli, è il protagonista del nuovo racconto. Purtroppo, come spesso capita ai sequel, il proseguo del primo romanzo delude le aspettative suscitate appunto dalla straordinarietà dell’opera precedente. “L’Autunno dell’Azteco” non è all’altezza del modello iniziale. Forse, se qualcuno non avesse letto “L’Azteco” potrebbe trovare più interessante queste vicende. Ma tanto era il fascino dell’altro libro, che questo secondo non riesce a brillare neppure di luce riflessa. Eppure Jennings non costruisce una storia banale e si sforza, come già aveva fatto prima, di mescolare realtà e fantasia per restituire al lettore un quadro vivo di un’epoca. Il racconto parla dell’ossessione di Tenamaxtli di organizzare un esercito di nativi centroamericani (dai Mexica agli Yaki) per ricacciare in mare gli occupanti spagnoli. Per realizzare il suo sogno, impara la lingua castigliana, assume un nome ispanico (Juan Britanico), impara l’uso delle armi da fuoco, scopre la composizione della polvere da sparo, costruisce un archibugio, poi si mette a girare il Messico in lungo e in largo per fomentare la rivolta. Deve vedersela contro intrighi di ogni genere e perfino con alcuni della sua gente che scendono a patti con il nemico (il suo perfido cugino, per esempio). Contro i suoi avversari, Tenamaxtli è crudele come solo un azteco (cresciuto a pane e sacrifici umani) può esserlo. Divenuto signore di Aztlan, la sua città natale, costituisce un primo piccolo esercito che poi diventa numerosissimo. Con quello, attacca e conquista il centro di Tonala, futura Guadalajara. La forza e la crudeltà dimostrata terrorizzano gli spagnoli. Ma proprio quando il protagonista sta per attaccare Città del Messico, la sua rivolta viene bruscamente fermata dal viceré Mendoza, che la soffoca nel sangue. La vicenda, naturalmente, ha un fondamento storico. Nella parte finale del romanzo c’è l’unica, vera sorpresa. La Veronica a cui per tutto il libro Tenamaxtli si rivolge (raccontando in prima persona) si scopre essere sua figlia. E’ una giovane donna che porta in sé il sangue di etnie diverse: quella autoctona messicana, quella spagnola e quella di colore. “Il tuo delizioso volto è il volto dell’Unico Mondo”, dice il protagonista prima di morire, riferendosi alle tante razze unite in un volto solo, simbolo del Messico che verrà. E quasi si pente di aver fomentato la ribellione per tutto il racconto. La fine della guerra da lui scatenata è brusca e quasi tirata via, molto affrettata. Ma ci sono altri difetti: altri passaggi non ben sfruttati, e poi la stanchezza inventiva di alcune pagine. Ma soprattutto c’è il problema del carattere crepuscolare del racconto. “L’Azteco” raccontava di una civiltà florida e affascinante, di piramidi sui cui gradini rotolavano i corpi di migliaia di uccisi, di Cortes e Montezuma. Qui siamo in autunno, ci sono solo preti, soldati con l’archibugio, aztechi proni e convertiti, rovine e miseria. La spedizione di Coronado verso le Città di Cibola è appena accennata. Il sesso e la violenza a volte sono pretestuosi. Ma chissà, forse questa sensazione è solo il dispiacere per non avere ritrovato il vecchio Mixtli. Ci sono stati altri due seguiti.


sabato 19 marzo 2016

IL RE DI DARKWOOD




IL RE DI DARKWOOD
di Guido Nolitta e Galleno Ferri
Sergio Bonelli Editore
2016, cartonato a colori
180 pagine, 24 euro

Si può essere eroi senza avere un segreto nel passato? Probabilmente no, almeno stando a quelli di carta, le cui origini sono da sempre parte integrante del loro mito. Basterà pensare a come è nato l'Uomo Ragno o quali tragici eventi hanno dato vita a Batman. Del resto, sono le esperienze e i drammi vissuti a forgiare gli individui, e noi siamo quello che siamo stati. Zagor non fa eccezione. Guido Nolitta decise di raccontarcene il passato in un paio di albi della Collana Zenith usciti nel gennaio e nel febbraio del 1970, ristampando strisce di poco precedenti. Lo Spirito con la Scure è diventato tale per un'ansia di redenzione dopo una vendetta sanguinosa a che era servita a cancellare il dolore che l'aveva causata ma, anzi, ne aveva provocato molto di più. Eppure, tutto comincia con il ricordo e il rimpianto di anni sereni, di una felicità destinata a frantumassi nel modo più brusco e crudele.
“Mi toccò la più meravigliosa infanzia che un bimbo possa desiderare”, racconta Zagor all’amico Cico, accingendosi a rivelargli il segreti del suo passato. “La vita della foresta mi offriva continue occasioni di affascinanti scoperte – prosegue lo Spirito con la Scure – e crebbi come un piccolo selvaggio vivendo nel bosco a contatto con gli animali”. In realtà, il futuro Re di Darkwood non viene su soltanto affidandosi alla scuola della natura, ma anche grazie alle cure di sua madre Betty. La quale, con amore, gli fa da maestra nella loro casa sul Clear Water, insegnandogli “quelle cognizioni che ella stessa aveva appreso anni prima nelle scuole europee”. La giovane donna, dunque, non è nata in America ma vi è giunta dal Vecchio Continente, sbarcando al seguito dei tanti immigrati che giungevano in cerca di fortuna nel Nuovo Mondo. Scopriremo i retroscena di questo sbarco nel volume gigante "La storia di Betty Wilding". Guido Nolitta non dice mai, nel corso di questa avventura, quale sia il vero nome di Zagor: soltanto il cognome, Wilding (quello del padre) ci è noto. In uno “Speciale” del 1995, finalmente scopriremo che il nostro eroe si chiama Patrick. Nel momento in cui Mike Wilding, il papà di Zagor, entra in scena, ha l’aspetto di un trapper e, da quel che si può vedere nelle poche pagine in cui Nolitta e Ferri ce lo mostrano, vive cacciando e commerciando pellicce, che ottiene anche dagli indiani in cambio di coperte e utensili. Il figlio, che stravede per lui (ed è contraccambiato), non sospetta che in realtà l’uomo nasconda nel suo passato un tragico segreto, risalente agli anni in cui era stato un ufficiale dell’esercito americano. Proprio la scoperta del perché suo padre avesse dovuto abbandonare i gradi e la divisa segnerà indelebilmente la vita del giovane Patrick, e lo porteranno a scegliersi il ruolo e la missione di “Spirito con la Scure”. E’ dunque una figura controversa, quella dell’ex-militare, in grado di creare angoscia, turbamento e sensi di colpa nell’unico erede, il quale, a un certo punto della saga, in un altro albo memorabile (il n° 400, uscito nel 1998), cercherà un chiarimento con il genitore, andando addirittura a cercarlo nel regno dei morti, al di là del “Ponte dell’Arcobaleno”. Il vero nome di “Wandering” Fitzy, il vagabondo che salva Zagor dalle acque dopo che il padre e la madre del piccolo Patrick sono stati massacrati dagli indiani, è Nathaniel Fitzgeraldson. L’uomo è originario di Boston dove, in passato, era stato un grosso commerciante: “ma poi ne ebbi abbastanza della città, dell’amministrazione, dei ricevimenti e di tutto il resto e feci fagotto. Partii allora per queste regioni selvagge e cominciai una nuova, splendida vita”, racconta egli stesso al giovane Wilding, di cui diventa una sorta di padre adottivo. Anche nel suo passato c’è però un terribile segreto, che verrà svelato nello “Speciale” del 1995. Poeta errabondo, filosofo contemplativo, pacifista convinto, cacciatore senza fucile (usa soltanto il tomahawk), “Wandering” dà di sé una definizione di due parole: “sono un uomo libero, libero da tutte le convenzioni, le ipocrisie che rendono schiavi gli uomini che amano definirsi civili”. Il futuro Spirito con la Scure non avrebbe potuto sperare in un mentore migliore. Un altro imprescindibile personaggio di questa storia è Salomon Kinsky. “E’ uno strano tipo, a metà tra il contadino e il predicatore, che vive con una piccola tribù di Abenaki: pare che abbia convertito alla nostra religione un mucchio di quei pagani. Gli indiani gli devono molto: è grazie a lui che hanno imparato a coltivare la terra”. Il proprietario di un emporio nei presso del lago Ontario descrive con queste parole Kinsky, l’uomo che guidò l’attacco dei pellerossa alla capanna sul Clear Water. “Un predicatore che si trasforma in uno spietato assassino e un gruppo di pacifici contadini pronti a diventare dei sanguinari selvaggi”, commenta Zagor. In realtà, per quanto Kinsky abbia le caratteristiche del fanatico, le sue azioni hanno una spiegazione. Forse, Patrick avrebbe fatto meglio ad ascoltare i consigli di Fitzy e non cercare di consumare a tutti i costi la sua vendetta, scoprendo il segreto di Salomon e, nello stesso tempo, quello di suo padre. Però, in questo caso, non sarebbe nato lo Spirito con la Scure. A farlo nascere concorrono non poco i Sullivan. 
“Ma allora voi siete degli acrobati!” esclama Patrick Wilding, non ancora diventato lo Spirito con la Scure, allorché incontra per la prima volta la famiglia Sullivan. “Non soltanto”, risponde il capofamiglia, “siamo anche attori, giocolieri, prestigiatori e illusionisti!”. La famiglia di teatranti e di saltimbanchi è composta da tre persone: il padre Tobia, e i fratelli Orazio e Romeo. Sono proprio loro a cucire il costume di Zagor, a suggerirgli il nome d’arte e l’uso di un grido di guerra. A loro si devono anche la regia e gli “effetti speciali” della prima entrata in scena del futuro Re di Darkwood, di fronte all’assemblea dei capi indiani. 
Il volume della Sergio Bonelli Editore, che ristampa un classico decisamente imperdibile del fumetto italiano,con il corredo di una bella introduzione di Graziano Frediani, recupera alcune strisce di raccordo realizzate da Gallieno Ferri per l'edizione cartonata Cepim degli anni Settanta, ormai introvabile.

venerdì 18 marzo 2016

ALLARME: ARRIVA LA MADAMA




Ed Mc Bain
ALLARME: ARRIVA LA MADAMA
Arnoldo Mondadori Editore
Edizione 1989 nel volume “Il Sordo contro l’87° Distretto”
Titolo originale: “Fuzz”
Traduzione di Andreina Negretti
cartonato - 160 pagine su 620 - p.n.i.

La leggenda vuole che sia stato Ed Mc Bain, nel 1956, a inaugurare il "police procedural",  con il romanzo "L'assassino ha lasciato la firma", il primo dedicato al celeberrimo 87° Distretto. In realtà, il procedural, cioè cronaca di una indagine su un crimine condotta secondo i veri metodi della Polizia, già esisteva. Ma i romanzi di Mc Bain (pseudonimo di Evan Hunter, nato Salvatore Albert Lombino, 1926-2005)  pur inserendosi in un filone collaudato, avevano una marcia in più: erano opere di uno scrittore di razza, erano letteratura e non solo narrativa.  Protagonista dei gialli di Mc Bain non è più un solo investigatore (anche se Steve Carella è posto più di altri sotto la luce dei riflettori), ma una intera squadra di poliziotti, ognuno con le proprie caratteristiche, con i propri pregi e i propri difetti. Buoni poliziotti e cattivi poliziotti, destinati a divenire familiari al lettore che li segue, romanzo dopo romanzo, non solo durante le indagini ma anche nelle loro vicende intime e private, nelle gioie e nelle tragedie che si susseguono nella vita di tutti i giorni. 
In "Allarme, arriva la Madama" ("Fuzz", 1968), nella vita quotidiana dei poliziotti dell’87° Distretto, irrompe il Sordo. Il diabolico criminale è la sua seconda apparizione dopo il fenomenale "Chiamate Frederick 7-8024" ("The Heckler", 1960). Di nuovo, ha un piano mefistofelico da attuare, e lo vuole fare vendicandosi nel contempo di coloro che hanno mandato a monte la sua precedente rapina. Questa volta preannuncia degli omicidi nel caso non gli venga pagata una somma che ogni volta aumenta. Si comincia con un personaggio pubblico di secondo piano, un ispettore ai parchi. Poi si sale fino a minacciare la vita del sindaco. Tranne costui, che verrà salvato da Carella e compagni, tutti gli altri vengono eliminati. Il Sordo non si aspetta che le autorità paghino davvero. Lui conta su centinaia di altre piccole estorsioni messe in atto contro commerciati e professionisti della città, ricattati con missive di questo genere: “Se io ho ucciso i personaggi pubblici superprotetti, come speri di cavartela tu? Paga o morirai”. Solo il caso manda a monte il piano del Sordo. O meglio, il caso aiutato dalla sua voglia di strafare. Deciso a uccidere comunque qualcuno nel territorio dell’87° Distretto, il Sordo incappa in una pattuglia messa di guardia a un negozio in cui ci si attendeva una rapina. Non viene catturato, ma resta ferito e deve rimandare a un’altra volta il colpo e la vendetta contro gli odiati “madama”. O, come si dice nel gergo originale americano, i “fuzz”. Da questo romanzo, un film con Yul Brinner: "E tutto in biglietti di piccolo taglio" (1972). Bella scelta, Yul nei panni del Sordo, peccato che sullo schermo sia diventato "il Calvo".

venerdì 11 marzo 2016

IL GRANDE GATSBY




IL GRANDE GATSBY
di Francis Scott Fitzgerald 
edizione con testo a fronte 
Marsilio, 2011
436 pagine, 24 euro

A convincermi a prendere in mano questo classico della letteratura americana, pubblicato nel 1925, è stata, la lettura del graphic novel "SuperZelda" della Minimum Fax, di Tiziana Lo Porto e Daniele Marotta,la biografia fumettata che ho recensito sul  blog "Freddo cane in questa palude". Zelda, personaggio in grado di rivaleggiare, come icona del suo tempo, con il marito, è Zelda Fitzgerald, la moglie di Francis Scott a cui "Il grande Gatsby" è dedicato ("Ancora una volta, a Zelda"). L'approdo al capolavoro di Fitzgerald è stato piacevolmente appassionante, nonostante il romanzo proietti il lettore in un contesto che sembra surreale: quello della New York degli anni Venti, simili per certi versi ai nostri anni Ottanta, sopra le righe, libertini, fatti di apparenza più che di sostanza, arrivisti, cinici, modaioli, festaioli, veloci, disinibiti, in corsa verso il disastro ma a suon di musica, come sul Titanic. La storia non è una storia, dato che alla fine i fatti principali accadono tutti fuori scena, raccontati come sono da un testimone, Nick Carraway, che non li conosce o non è presente mentre accadono, e che li racconta spostandoli nel tempo o collocandoli in modo sbagliato. Però, anche se Gatsby, il protagonista (negativo o positivo, vittima o carnefice, è difficile dirlo), non fa quasi niente mentre è alla ribalta del palcoscenico, cioè sotto gli occhi del narratore, quel che davvero succede o è successo viene fatto intuire al lettore, chiamato a cercare di decifrarlo, e perciò coinvolto e incuriosito. Il senso del racconto è la ricerca di una "grandezza" intesa come scalata sociale da parte dell'uomo che dà il titolo al romanzo: ci viene presentato (ed appare agli occhi del provinciale Nick, venuto dal Middle West a lavorare come agente di borsa a New York) con attributi mitici e leggendari (vive in una villa immensa, dà continuamente feste meravigliose, si favoleggia sulle sue imprese di guerra, sui suoi studi in Europa, sulle sue parentele altolocate, sulla sua ricchezza smisurata, sul suo gusto nel vestire ma anche sulla sua misteriosa solitudine, sul suo non bere, sulla sua malinconia). Ma chi è davvero Gatsby, che cosa vuole, perché è così inquieto? Perché tante feste, se poi non vi partecipa? Lentamente, Nick scopre che Gatsby coltiva il sogno di un amore per una ragazza, Daisy, conosciuta in gioventù, prima degli eventi bellici, quando i due si erano amati ma poi il destino li aveva separati. Adesso, Gatsby vuole riconquistarla nonostante lei si sia sposata con un altro. Ma ci sono altre cose che Nick scopre: la ricchezza di Gasby non deriva da eredità famigliare o da fortuna nel commercio, ma dal fatto di essere a capo di un'organizzazione malavitosa. E l'uomo ha umili, anzi, umilissime origini: tutta la sua ostentazione di ricchezza deriva dalla voglia di riscatto, di affermarsi in una società di cui, in passato, era vissuto ai margini. Se non aveva potuto sposare Daisy, era appunto perché era senza mezzi. Adesso i mezzi li ha, e la rivuole proprio perché la ragazza rappresenta quello che non aveva potuto avere. La fanciulla è un personaggio ambiguo, che nel finale segnerà appunto la rovina di Gatsby, il cui sogno di grandezza si interrompe in modo brusco e imprevedibile: se il personaggio di Fitzgerald rappresenta il sogno americano dell'uomo che costruisce il proprio destino, si tratta di un sogno destinato a infrangersi. L'edizione Marsilio, che gode di una strepitosa e moderna traduzione di Roberto Serrai, ha il testo inglese a fronte: è un piacere, di tanto in tanto, bearsi del suono delle frasi originarie, scoprendo come lo scrittore sappia davvero manovrare in modo magistrale le potenzialità della lingua.

giovedì 10 marzo 2016

L'AMERICANO






L'AMERICANO 
di Claudio Nizzi
Mobydick
2011, brossurato
160 pagine, 14 euro

Si tratta del quarto, e per ora ultimo, romanzo della serie che Nizzi (sceneggiatore di fumetti tanto noto da non dover essere presentato) ha ambientato nell'immaginario paese montano di Borgo Torre. Immaginario ma neanche tanto, visto che dalla collocazione (Appennino modenese) e dalle caratteristiche architettoniche e antropologiche si potrebbe facilmente individuare in Fiumalbo, luogo natale dell'autore. Il quale però tiene a precisare che, in realtà, ha attinto da più località della sua zona, il Frignano, per dar vita a un piccolo centro che ne fosse la summa. Un po' come ha fatto Ed McBain nei romanzi dell'87° Distretto con la città di Isola, che è Manhattan ma non lo è, insomma (e dato che parlando di Nizzi parliamo del creatore di Nick Raider, il paragone ci sta). Si potrebbe anche citare Andrea Vitali con i suoi romanzi ambientati a Bellano, ma davvero non ce n'è bisogno: le vicende di Borgo Torre sono diverse e originali. Fermi restando il set e alcuni personaggi ricorrenti, ogni romanzo fa storia sé pur nel rispetto di un tipo di narrazione che mescola giallo a commedia all'italiana, con storie di corna, di gelosie, di ripicche, di politica, di interessi e sui intrallazzi che si intrecciano dando vita a una garbata, spiritosa e salace fotografia di uno spaccato sociale dell'Italietta di provincia degli anni Cinquanta. Ad arricchire il tutto, una prosa scolpita con il rasoio: frasi brevi, incisive, senza una parola di troppo e soprattutto con una appropriatezza di linguaggio e terminologia da restare ammirati. "L'Americano" racconta del ritorno a Borgo Torre di Dolindo Cantalamessa, emigrato in America negli anni Trenta e là divenuto proprietario di una fabbrica di biscotti. Insomma, uno che negli Stati Uniti aveva fatto soldi. Apparentemente, Dolindo torna per visitare un vecchio zio e rivedere la tomba della propria madre, Teresa. In paese si scatena un putiferio sotterraneo: un po' tutti pensano a come accattivarsi le simpatie di Cantalamessa per trarne del vantaggio: in particolare, più di un padre e di una madre istruiscono le proprie figlie perché seducano l'italoamericano e si facciano sposare. Ma Dolindo in realtà ha ben altro per la testa: un boss mafioso newyorkese, Tony Costello, lo ha incaricato (dietro minaccia) di una missione: recuperare dalla bara materna, interrata nel cimitero di Borgo Torre, alcuni gioielli razziati dai tedeschi in tempo di guerra e lì nascosti da due soldati americani che se ne erano impadroniti. I due militari erano morti ma la notizia del bottino occultato in quel nascondiglio era giunta fino a Costello che aveva pensato di obbligare il figlio della donna a riesumare il cadavere della madre. Le cose si complicano allorché lo scagnozzo del boss messo al fianco di Dolindo viene ucciso a fucilate e dalla tomba di Teresa Cantalamessa non salta fuori niente. In un vorticare di sottostare nere, gialle e rosa tutto finisce per risolversi e, soprattutto, Dolindo ritrova una vecchia fiamma, Alba, lasciata ai tempi della sua partenza in gioventù. Caro Nizzi: a quando il quinto romanzo?