venerdì 30 giugno 2017

MERCURIO LOI




Alessandro Bilotta e Matteo Mosca
MERCURIO LOI
Sergio Bonelli Editore
cartonato, 2017
130 pagine, 23 euro

Uscito per la prima volta in bianco e nero come albo della collana da edicola "Le Storie" (n° 28, gennaio 2015), questo racconto viene adesso ripubblicato in volume di grande formato e a colori, con il corredo di schizzi inediti e di testi a commento. Quando lessi per la prima volta "Mercurio Loi" (il nome del personaggio principale dava anche il titolo all'avventura) ricordo di aver subito pensato che sarebbe stato bello poter ritrovare quel protagonista in altri racconti, e a distanza di due anni sono stato accontentato perché la Bonelli ha inaugurato una sua testata (nel tradizionale formato Tex, ma a colori): in contemporanea con il varo della serie ecco la riproposizione del primo episodio. L'idea di partenza è accattivante: una sorta di Sherlock Holmes nella Roma papalina. Al posto di Watson, il giovane Ottone, allievo del professor Loi, segretamente affiliato alla carboneria. C'è anche una sorta di Moriarty, chiamato Tarcisio, ex assistente dello stesso Mercurio. La prima avventura, quella riproposta in questo volume, chiarisce le caratteristiche del personaggio e lo presenta: è pertanto un necessario prologo alla serie mensile. Anzi, forse fin troppo necessario perché leggendo il primo albo della collana non è così agevole districarsi senza conoscere gli antefatti, ma i lettori si presuppongono scafati. Ognuno, a partire da me, valuterà la produzione mensile come crede: il volume cartonato resta un gioiellino. Il primo caso del professor Loi (erudito insegnante universitario dal bizzarro aspetto) riguarda le apparizioni del fantasma di Beatrice Cenci sugli spalti di Castel Sant'Angelo (quanto di più romanesco si possa immaginare) collegate con le trame di una società segreta capitanata da Tarcisio, che ha ai suoi ordini una schiera di luperci. Davvero affascinante. Non resta che sperare in una serie che mantenga le premesse.

venerdì 9 giugno 2017

ROBERTO RECCHIONI, UN ASSO NELLA RETE




ROBERTO RECCHIONI, UN ASSO NELLA RETE 
a cura di alino, Claudio Circio, Raffaele De Fazio, Emanuele Soffitto
Comicon Edizioni
2017, brossurato
112 pagine, 15 euro

La collana "Gli audaci", dedicata (almeno finora) ad autori di fumetti italiani posti sotto i riflettori di Comicon, la grande kermesse fumettistica napoletana, giunge con questo titolo al sesto volume dopo quelli riservati ad Aldo Di Gennaro, Alfredo Castelli, Mino Milani, Silver e Milo Manara. Si tratta di libri compilati a più mani grazie a testimonianze di colleghi, critici, sodali o comunque persone informate sui fatti, chiamate a raccontare la personalità e l'opera del fumettista in oggetto. Non, dunque, saggi biografici esaustivi e ponderosi ma una sorta di "documentario" scritto, articolato in vari interventi e corredato da una intervista all'autore di cui si sta parlando. Colpisce, nel caso di Roberto Recchioni, la differenza di età con i titolari dei precedenti volumi: RRobe (questo l'abbreviativo per gli amici) è del 1974 ed è di ventidue anni più giovane di Silver (1952), di ventisette anni più giovane di Castelli (1947), di ventinove anni più giovane di Manara (1945), di trentasei anni più giovane di Di Gennaro (1938) e addirittura di quarantasei anni più giovane di Milani (1928). Non cito queste date per divertimento statistico ma per sottolineare quel che è evidente a chi si avventuri nella (coinvolgente e divertente) lettura del libro targato Comicon: Recchioni è "altro" rispetto ai suoi predecessori non soltanto in funzione della propria personalità artistica ma anche perché appartenente a una generazione cresciuta con i videogiochi, i cartoni animati giapponesi, gli effetti speciali al cinema, i mille canali TV, i social, i telefonini, le consolle, Internet. Recensendo, non troppo tempo fa, in questo stesso spazio, l'autobiografia a fumetti "Memorie a 8 bit" di Sergio Algozzino, sottolineavo (a dispetto dei guai che è giusto tocchino al recensore che parla di se stesso invece che del libro recensito) la diversità fra una infanzia come quella che ho avuto io (nato nel 1962) e quella di Algozzino (di dodici anni più giovane). E questo gap si nota in ogni passaggio del volume dedicato a RRobe, personaggio multimediale ed eclettico, sì, ma di quell'eclettismo e multimedialità che soltanto i nativi digitali possono esprimere. A ciò si aggiunge la fortissima volontà di proiezione dell'io dell'autore, che diventa tutt'uno con la sua opera al punto che nella maggior parte dei casi è difficile scindere il creatore (lo sceneggiatore) dalla creatura (la sceneggiatura). E non è soltanto per la personale calligrafia, ma per la volontà di autoaffermazione che contraddistingue Recchioni, bulimico (da questo punto di vista) di vita, di palcoscenico, di scrittura, di scontri, di polemiche, di sogni, di idee, di sfide. Non a caso il libro Comicon offre dell'autore un ritratto che soltanto in parte è quello di un fumettista: si parla di lui come critico cinematografico, recensore di videogiochi, influencer, webstar, inventore di linguaggi, polemista, icona pop, addirittura si analizzano, come se fossero (e lo sono) sue opere gli articoli del suo blog. Il fumetto è solo una parte del tutto, forse neppure la predominante. Amato e odiato per il suo essere e il suo divenire, Rrobe (valente disegnatore oltre che sceneggiatore), sembra incapace di trovare una collocazione, una identificazione, un ruolo univoco. Non si può neppure definirlo un "maestro" (come nel caso degli altri "Audaci"), perché incapace di tracciare una strada o indicare una rotta. RRobe è lui, soltanto lui, nel bene e nel male, vulcanico, sulfureo, coltissimo, coatto, dal multiplo registro, violento, poetico, criptico e pop. I fumetti, di sicuro, gli vanno stretti.

giovedì 1 giugno 2017

GLI ARCHIVI BONELLI: GUIDO NOLITTA




GLI ARCHIVI BONELLI:
GUIDO NOLITTA
a cura di Michele Ginevra 
Rizzoli Lizard
2012, 620 pagine, cartonato, 25 euro 

Si tratta di un voluminoso cartonato, il primo di una serie (interrottasi troppo presto) tesa a recuperare le migliori storie dello smisurato catalogo della più grande Casa editrice di fumetti in Italia (una fra le più importanti nel mondo), iniziando con un tomo monotematico dedicato proprio alla figura che gli dà il nome, Sergio Bonelli. Come tutti sanno, quando l'editore vestiva i panni dello sceneggiatore usava un nome-de-plume per non farsi confondere con il padre, Giovanni Luigi Bonelli, e si firmava Guido Nolitta. Michele Ginevra, dunque, ha raccolto in un solo volume tre racconti-simbolo dell'attività nolittiana, scegliendoli tra la sua produzione riferita a tre personaggi altrettanto simbolici: Tex, Zagor e Mister No. A corredo delle storie, una prefazione di Vittorio Zincone, e tre interventi, puntuali e documentati, dello stesso curatore. A completare l'opera, una chicca davvero imperdibile: ben trentotto tavole inedite di Aquila della Notte, sceneggiate da Nolitta e illustrate da Guglielmo Letteri, tagliate da Decio Canzio (per motivi che vengono ben spiegati nel libro) da una lunga storia texiana del 1993, e rimaste per quasi vent'anni nei cassetti dell'editore. Esiste, senza dubbio, una "calligrafia" nolittiana riconoscibile non solo quando lo sceneggiatore è alle prese con i suoi personaggi (quelli che più gli rassomigliano, Zagor ma soprattutto Mister No) ma anche anche quando si cimenta con Tex. Rileggere i tre racconti scelti ("El Muerto", "Il re delle aquile" e "L'uomo della Guyana", illustrati da rispettivamente da Galep, Ferri e Diso) consente di godere di questa calligrafia, e recuperare le emozioni di una narrazione accattivante ed empatica nella quale Nolitta era abilissimo a esibirsi. Personalmente, ho trovato motivo di rivalsa nei confronti di certi sedicenti esegeti della nolittianità, a cominciare da un paio di soggetti scritti di proprio pugno da Sergio Bonelli e riprodotti fotograficamente come allegato documentario: in quello intitolato "Uragano", riguardante Mister No, si legge chiaramente che fra i protagonisti c'è un personaggio convinto che la famosa città di "Z", cercata in Amazzonia da torme di esploratori fra cui il celebre Fawcett, misteriosamente scomparso nel corso della sua ricerca, sia un avamposto di Atlantide. Ma guarda! Proprio la stessa cosa che scopre Zagor recandosi nella foresta amazzonica, in una mia recente storia, contestata da chi pretende di sapere che Nolitta non avrebbe mai affrontato temi legati al mito atlantideo. Allo stesso modo, singolarmente,qualcuno pretende di dire che Sergio Bonelli non facesse uso di flashback e che, dunque, neppure gli sceneggiatori dei suoi personaggi, io per primo, dovremmo farne. Ebbene: i tre racconti contenuti in questo volume sono un inno al flashback. Soprattutto il primo, "El Muerto", è pieno zeppo di rievocazioni del passato, con narrazioni a ritroso a ogni piè sospinto (leggere per credere). E allo stesso modo, ci sono ripetuti flashback anche ne "Il re delle aquile". Ne "L'uomo della Guyana" mancano le nuvolette retrospettive ma il passato viene rievocato a più riprese nei dialoghi. Dunque, chi crede che Nolitta fosse contrario a parlare di Atlantide e all'uso dei flashback, ha motivo di ricredersi. Unica pecca: nell'introduzione, Vittorio Zincone cita una misteriosa testata "Agenzia Alpha" che, forse, è l'Agenzia Alfa di Nathan Never.