sabato 1 luglio 2017

L'ALBERO




Shel Silverstein
L'ALBERO
Salani
cartonato, 2000
60 pagine, 14.90 euro

C'è tutto un mondo, nella produzione libraria per bambini, da scoprire ed esplorare. Cinquant'anni fa, avevamo soltanto le favole dei fratelli Grimm o di Hans Christian Andersen, ma anche del precursore Gianni Rodari, da cui passavamo ai romanzi per ragazzi, partendo da Collodi e da Vamba, magari, per arrivare a Verne e Salgari, e a tutti quei classici scritti per gli adulti ma che in versione rimaneggiata venivano fatti passare come romanzi per la giovane età (le opere di Dumas, Dickens, la Alcott, London, Defoe). Da molto tempo le cose sono cambiate e fin dalla più tenera infanzia i pargoli hanno a disposizione testi di grandi autori (scrittori e illustratori) considerati talvolta dei maestri nel loro campo, come Leo Lionni con il suo "Piccolo Blu e Piccolo Giallo" (tanto per fare un esempio). Anche Shel Silverstein (scomparso nel 1999) viene considerato un punto di riferimento nel settore dei libri illustrati per l'infanzia (da lui scritti e disegnato). La cosa singolare è che è stato anche vignettista di "Playboy" (oltre che poeta, musicista, autore di canzoni e di colonne sonore). "L'albero", uno dei suoi libri più pubblicati in tutto il mondo, colpisce anche gli adulti per la sua amarezza di fondo: non è una favola a lieto fine, e forse non è neppure una favola. I bambini forse riescono a vederci qualcosa di rasserenante, io fossi in loro mi spaventerei. La storia è quella di un melo che fa amicizia con un bambino venuto a giocare sotto i suoi rami. Poi il fanciullo cresce, e quando torna (prima da adolescente, poi da uomo maturo, poi da vecchio) non lo fa con lo spirito spensierato che aveva nell'infanzia: è tormentato da mille problemi. L'albero invece è sempre lo stesso e si offre in dono per aiutare l'amico: prima si lascia depredare dei frutti, poi dei rami, poi del tronco, che servono all'inquieto essere umano per fare soldi, costruirsi una casa, partire per mare. Alla fine il bambino è diventato vecchio: il melo, ridotto a ceppo, si offre per fargli da sedia. Metafora della donazione gratuita, ma anche dei cambiamenti e della volubilità umana, del tempo che passa e della morte che arriva. Poetico ma anche, ai miei occhi, terribile.


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