martedì 31 ottobre 2017

FUGGIRE



Guy Delisle
FUGGIRE
MEMORIE DI UN OSTAGGIO
Rizzoli Lizard
2017, brossurato

432 pagine, 22 euro

Guy Delisle è il mio graphic journalist preferito. L'ho deciso anni fa dopo aver letto "Cronache di Gerusalemme" (o forse era "Pyongyang"?) e non ho più cambiato idea. Il talento di Delisle nel descrivere con pochi segni e poche parole, in assoluta e solo apparente levità, una realtà drammatica è straordinario e coinvolgente. A differenza di altri cronisti, il disegnatore non ha bandiere da sventolare o armamentari ideologici a cui far ricorso per interpretare la realtà. Appunta ciò che vede con gli occhi puri di uno che quasi se ne meraviglia, ascolta tutti, resta perplesso al pari dei suoi lettori. Dopo aver descritto la vita un punti problematici de mondo, adesso (nel 2016) ci racconta della Cecenia. Un paese davvero inquietante, stando a quel che ci viene mostrato narrando la vicenda di Christopher André, un attivista francese di Medici Senza Frontiete in una missione umanitaria in Inguscezia (una microscopica repubblica della Federazione Russa). Christopher viene rapito dal suo letto una notte di luglio del 1997 da una banda di ceceni che lo trasportano oltreconfine, nella loro terra, e lo tengono prigioniero per alcuni mesi. Lo scopo dei banditi è, a quanto pare, quello di chiedere un riscatto (e chiederlo a dei medici che curano chi ne ha bisogno, e che magari hanno curato anche qualche loro parente o amico). André però non sa niente delle trattative in corso: nessuno dei rapitori parla la sua lingua e le giornate per lui trascorrono lente e tutte uguali, con un polso legato a un termosifone in una stanza vuota. In questa situazione ogni minimo avvenimento è degno di nota: le voci che giungono dalle stanze accanto, i pochi minuti concerti per mangiare o per lavarsi. Il cervello di Christopher macina progetti, piani di fuga, ipotesi sul futuro, speranze, delusioni. Il racconto che ne fa Delizie, frutto di una lunga intervista con André, è ipnotico e coinvolgente benché fatto di disegni che sembrano tutti uguali come tutti uguali sono i giorni del rapito. Non ci sono disamine sull'ideologia dei criminali o sulla situazione politica in Cecenia. Quel che della Cecenia si capisce basta e avanza nella descrizione dei banditi e in ciò che accade ad André quando, per un caso fortuito (una distrazione dei sorveglianti) riesce a fuggire. Una volta fuori, nessuno sembra in grado di dargli aiuto e anche il suo recupero da parte di Medici Senza Frontiere deve essere clandestino, come se fosse una operazione militare in terra nemica: i ceceni sembrano assolutamente conniventi con i rapitori. In realtà c'è una famiglia che soccorre il fuggiasco, ma lo fa con tutta la prudenza che serve nel maneggiare una patata bollente e infatti, a causa delle minacce di cui è fatta oggetto, deve chiedere asilo in Francia. Il risultato della bella impresa dei banditi è la chiusura della missione umanitaria nel Caucaso di cui Christopher faceva parte. Il numero di pagine può apparire spropositato per una storia in cui non succede quasi niente (le sequenze del rapimento e della fuga sono davvero una piccola parte del libro) ma è proprio nel fluire del niente che si capisce il dramma della prigionia di un ostaggio raccontata dal suo punto di vista.

lunedì 30 ottobre 2017

A TUTTOMETZ



Vittorio Metz
A TUTTOMETZ
Sugarco Edizioni
Prima edizione 1985
A cura di Delfina Metz
cartonato - 342  pagine
lire 25000


"Chi potrebbe reggere ai giorni nostri il confronto con uno come Metz?" si chiede Oreste Del Buono nella sua prefazione. Proprio per farci capire chi fosse Vittorio Metz, la figlia Delfina ha raccolto alcuni aneddoti relativi alla vita paterna (gli scherzi, per esempio) e quindi pagine scelte delle famose rubriche del "Marc'Aurelio" e del "Bertoldo", per poi passare a un'antologia della narrativa e del teatro, senza trascurare cinema e TV. Il tutto corredato da spiegazioni puntuali del contesto per cui furono scritti quei pezzi. Fra i lavori da ricordare, l'esilarante scenetta "Abbasso il Frolloccone" e la parodia del romanzo d'appendice "Il fiacre n° 13". Nato a Roma nel 1904 e lì morto nel 1984, Metz è stato anche regista cinematografico ma soprattutto sceneggiatore (suoi i copioni di molti film di Totò, tra cui "Totò Sceicco" e "Totò cerca moglie").  A lui si devono commedie musicali e spettacoli di varietà, televisivi e radiofonici (molte le macchiette e i personaggi di sua invenzione). Spesso lavorava in coppia con un altro grande autore, Marcello Marchesi. Celebre la sua collaborazione con Erminio Macario. Legato al suo nome è "Giovanna, la nonna del Corsaro Nero", del 1961, un serial per ragazzi andato in onda sull'unico canale RAI dei primordi. Peccato che Metz sia oggi un po' dimenticato e che, comunque, i suoi scritti (seppur divertenti) trovassero certo maggior efficacia sulle riviste umoristiche degli anni che furono piuttosto che raccolti in volume. In ogni caso, alcuni testi appaiono oggi un po' invecchiati rispetto invece a quelli di Achille Campanile, umorista di maggior spessore. Commovente il resoconto della morte del padre scritto da Delfina.


mercoledì 25 ottobre 2017

SOLE DI MEZZANOTTE





Jo Nesbø
SOLE DI MEZZANOTTE
Einaudi
2016, brossura
202 pagine, 16.50 euro

A dispetto della difficoltà di trovare il simbolo ø con cui scrivere il cognome dell'autore, e quello å per indicare la località della Lapponia dove il protagonista del romanzo si rifugia, Kåsund, "Sole di mezzanotte" è una lettura straordinariamente gradevole, scorrevole senza mai essere banale. E' un thriller insolito, ambientato nella contea del Finmark, duemila chilometri a nord di Oslo, in Norvegia, durante l'estate del 1977, quando il sole non tramonta mai e dove quindi è anche più difficile nascondersi per un uomo braccato dai killer della mala. Jo Nesbø (norvegese, classe 1960) è celebre per la serie di romanzi di Harry Hole, ma questo libro è scollegato dalla saga del poliziotto alcolizzato. Il talento di Nesbø tuttavia è sempre il medesimo (e si tratta di un talento multiforme, essendo l'autore, oltre che scrittore, anche musicista e attore). La trama è semplicemente perfetta nel suo meccanismo implacabile: non c'è un solo elemento fuori posto. Forse, in realtà, si potrebbe eccepire sul fatto che Jon Hansen, un piccolo spacciatore di hashish nei suburbi di Oslo, venga assunto tra sua manovalanza dal Pescatore, il boss della droga norvegese, convinto che si tratti di un killer (un amico di Jon si è suicidato con la pistola di Hansen e tanto basta a far credere che l'abbia fatto fuori lui), mentre il nostro non è in grado di uccidere nessuno. Anzi, è un vero cuore tenero visto come si è accollato una figlia non sua, che però si è ammalata e necessita di soldi per le cure. Così Jon deruba il Pescatore di un grosso quantitativo di denaro, che non basta a salvare la ragazza ma gli garantisce la caccia spietata da parte degli uomini del suo ex-capo. Hansen fugge verso l'estremo Nord della Scandinavia e si rifugia nel villaggio di Kåsund, fingendosi un cacciatore di nome Ulf agli occhi degli abitanti, quasi tutti di etnia Sami e seguaci di una setta religiosa ultra conservatrice. Ma, ovviamente, i killer lo inseguono anche lì. Lui però non può o non vuole andarsene perché nel frattempo si è innamorato di Lea, figlia del rigoroso pastore della setta, moglie di un marito violento che picchia lei e il figlio Knut. Intrigante, ipnotico, coinvolgente, tachicardico come tutti i romanzi, ciascuno a suo modo, dovrebbero essere.

martedì 24 ottobre 2017

IL MAESTRO GIO' E MAU






Mautorr
IL MAESTRO GIO' E MAU
Algra Editore
brossurato, 2017
100 pagine, 12 euro

Mautorr sta per Maurizio Torrisi, di Catania. Il Mau del titolo è lui. Il Gio' invece è Giovanni Romanini, divenuto co-protaginista del fumetto di un allievo ideale, anche se non proprio ideale, dato che nessuno vorrebbe avere come allievo lo straripante Mau, ma ideale in quanto il Torrisi si è scelto come maestro il grande Romanini e cerca di ricavarne utili insegnamenti a distanza, interpellandolo (eufemismo per "rompendogli i coglioni") per telefono. Da queste lezioni di fumetto telefoniche nasce appunto un fumetto, questo, esilarante e "fumettoso" come pochi altri. Mautorr racconta se stesso e la sua voglia di fare il fumettista attraverso il suo grande amore per il fumetto, quello vero, quello vissuto e goduto negli anni in cui c'erano Magnus, Bonvi, Andrea Pazienza, i fumetti neri e quelli sexy. Il risultato, agli occhi di chi abbia lo stesso amore, è straordinario. In quegli anni Mautorr avrebbe avuto un successo stratosferico. Mi è stato chiesto di scrivere una prefazione, che ben volentieri ho scritto. Eccola qui di seguito.

HISTORIETAS AL TELEFONO
di Moreno Burattini

“Favole al telefono”, intitolò una volta Gianni Rodari una sua raccolta di racconti per bambini. “Historietas al cellulare” potrebbe oggi Maurizio Torrisi intitolare questa sua antologia di storie a fumetti, visto che spesso e volentieri le tavole lo mostrano al telefono con Giovanni Romanini, suo nume tutelare e mentore, ma anche considerando il fatto che “historietas” è il termine spagnolo con cui si definiscono, appunto, i fumetti. Guarda caso, spagnolo è Carlos Giménez, il fumettista che nel 1983 creò la serie “Los profesionales”, che racconta attraverso brevi aneddoti disegnati la vita tragicomica sua e dei suoi colleghi disegnatori (tra i quali Luis Garcia e Pepe Gonzàles) che durante gli anni Sessanta e Settanta lavoravano per l’agenzia Selecciones Ilustradas, costretti a ritmi assurdi e sottopagati.
In pratica, Giménez (da non confondere con l’argentino Juan) narra, in modo autoironico e spesso esilarante del proprio lavoro e dei suoi sforzi per realizzare fumetti nonostante le costrizioni e le difficoltà. “Los profesionales” è dunque un fumetto che parla di fumetto. Del resto, il fumetto può parlare di qualunque cosa, e a fumetti si può tenere il proprio diario come spiegare la fisica quantistica (c’è chi l’ha fatto: il fisico teorico Thibault Damour e il disegnatore Mathueu Burniat nel volume “Le mystére du monde quantique”, edito in Francia nel 2016 da Dargaud).
Un altro spagnolo, Paco Roca, è l’autore invece del graphic novel “L’inverno del disegnatore” (2011): anche in questo caso si raccontano le vicende di una casa editrice di fumetti e la vita dei suoi autori. Siamo nella Spagna franchista degli anni Cinquanta: fumetti della Bruguera vendono centinaia di migliaia di copie per numero, i suoi personaggi sono tra i più popolari. Però, i disegnatori che li realizzano vengono considerati semplici impiegati obbligati a consegnare le loro tavole secondo rigidi quantitativi in cambio di uno stipendio fisso, senza alcun tipo di riconoscimento del successo ottenuto.
Leggendo le pagine che seguono, se avete un minimo di infarinatura fumettistica, vi sembrerà subito chiaro come Maurizio Torrisi sia uno sfegatato appassionato di un paio di autori e di un eroe di carta: Bonvi, Magnus e Kriminal. Il primo, tanto per dare delle essenziali coordinate spazio temporali, è il creatore delle Sturmtruppen; il secondo, il disegnatore dei primi settantacinque albi di Alan Ford; il terzo, il più affascinante degli characters neri degli anni Sessanta. Ebbene, in uno dei suoi “Incubi di provincia”, Bonvi si immagina alle prese con i suoi personaggi che hanno preso vita mentre li sta disegnando. Convinto di essere impazzito, telefona (guarda caso) proprio a Magnus, il quale, illustrando se stesso nella striscia conclusiva di quella storia, è alle prese con Kriminal, anch’esso uscito come se fosse vero dalle tavole appoggiate sul tavolo da disegno. Insomma, tutto torna.
Con una differenza. Maurizio Torrisi è convinto di non saper disegnare, diversamente dai disegnatori fin qui citati.
In realtà, a sentir lui, a ripeterglielo come un mantra è proprio Giovanni Romani, al telefono: “Ricordati sempre che disegni come un cane, se tieni a mente questo senza offenderti imparerai qualcosa...ti sei offeso?". Al che Maurizio risponde: "No, no ...se Romanini dice che sono un cane, io mi metto ad abbaiare. Quindi insegnami, o maestro!”.
Tuttavia, tutti sanno che oggi come oggi saper disegnare non è affatto un requisito fondamentale, nel realizzare fumetti. Davide La Rosa, per esempio, pubblica opere come “Ugo Foscolo, Indagatore dell’Incubo” (una esilarante parodia delle parodie) che sembrano scarabocchiate, ma sono efficacissime, e di se stesso dice di essere il principale esponente di una scuola chiamata “disegnomalismo”. Sulla stessa linea si possono allineare (mi si scusi l’eccesso di semplificazione) autori come Sio, Labadessa o Daw. Non mi pare però che Torrisi possa essere accostato ai disegnomalisti, mentre senza dubbio si può affiancare, sia pure un passo indietro, a Zerocalcare: anche lui raffigura se stesso e il proprio mondo raccontandosi ai lettori sia come autore che come personaggio, prendendosi in giro ma anche scavando nelle proprie manie, nei propri deliri, nelle proprie ossessioni e perversioni, ma anche disegnando i propri sogni, come sul lettino dello psicanalista (e se ne potrebbe trarre una diagnosi non rassicurante). Da questo punto di vista metterei nel calderone anche i fumettisti underground, che poi tanto underground non sono (o non sono più): Robert Crumb, Gilbert Shelton, Peter Bagge, alternativi a tutto, anche al bel disegno. Di suo, Maurizio, ci aggiunge la descrizione (contagiosa) della sua grande passione per il fumetto: inteso come opera da disegnare, ma anche opera da leggere. Torrisi ha i suoi miti nel suo scaffale ideale, e sono gli eroi e le eroine dei fumetti popolari, quelli di una volta, di cui in tanti (più di quanto si creda) abbiamo la nostalgia. Tanta, nostalgia.

venerdì 20 ottobre 2017

RAPA & NUI



Augusto Rasori
Giorgio Sommacal
Laura Stroppi
RAPA & NUI
Sbam!Libri
2017, brossurato,
80 pagine, 9.50 euro

Viva le strisce! Viva le riviste di carta che le pubblicano! Viva gli editori di carta che le raccolgono! Essendo il sottoscritto cultore di strip, ed essendomi anche molto divertito a leggere "Rapa & Nui", ben volentieri ho accettato l'invito a scrivere l'intriduzione di questi libro (che inaugura, con altri due, una collana di volumi a fumetti destinati alle librerie pubblicati da Sbam!). Ecco un estratto di quel che ho scritto.

Così come le faccine di Internet esprimono giudizi sul mondo, così i faccioni dell’Isola di Pasqua scrutano l’orizzonte degli eventi (che è anche il nome del bordo estremo di un buco nero, perfetta metafora della realtà che collassa su se stessa e ci rinchiude in una gabbia, la Rete, da cui non si può più uscire). Augusto Rasori, lo sceneggiatore (un autore del gruppo di "Lercio"), Giorgio Sommacal e Laura Stroppi (matite il primo, chine la seconda, ma a volte lui da solo a volte lei da sola – e non si nota la differenza, tanto per dire quanto una coppia possa essere unita e affiatata nel lavoro come nella vita), dal canto loro ci mettono tutta l’espressività fumettistica e fumetto da di cui sono capaci, e sono capaci parecchio. Nasce così una striscia, Rapa & Nui, appunto, pubblicata ininterrottamente su “Skorpio” dal 2012. Una rivista su carta: evviva, ne esistono ancora (del resto sono archeologia anche le sculture in pietra). Rapa è viscerale e lunatico, grande amante della birra, mentre Nui è più pacato e riservato: su Internet si esporrebbe di meno. Certo, anche la vita dei commentatori da panchina o da divano qualche volta si movimenta: arriva un DM su Twitter o un messaggio privato su Facebook, un bel flame su Facebook piuttosto che un tête-à-tête fra followers: così nella striscia dei tre fanno capolino altri personaggi: la patella Gladys perdutamente invaghita di Rapa, il gabbiamo giramondo Jonathan (il cui cognome non è noto, ma sarà inevitabilmente Swift), i sassi Mike e Bill, il pinguino ipocondriaco Felix. E c’è anche un anonimo e irriducibile detrattore epistolare, dato che nella vita i detrattori non mancano (e non muoiono) mai. Sono loro i veri monoliti che passano la vita giudicando tutto ciò che si muove nel raggio del visibile e non di rado dell’invisibile. Altro che Moai.

giovedì 19 ottobre 2017

PALLA




Paolo Bacilieri
PALLA
Edizioni UDWFG
60 pagine, cartonato,
2016, 12 euro


Tiratura di 850 copie, formato Bonelli ma cartonato, in bianco, nero e grigio più il rosa. Il rosa colora una misteriosa palla che il protagonista del racconto, Fabrizio, trova in un momento difficile della sua vita nell'acqua stagnante di un canale. E' una palla grande come una valigia, di carne liscia e calda, senziente. Comunica telepaticamente e crea una grande empatia. Fabrizio la porta a casa e ne ricava sopporto morale per affrontare una crisi sentimentale (è omosessuale), le difficoltà in famiglia e sul lavoro. Si crea quasi un amore totalizzante, come se la palla gli offrisse un rifugio, una catarsi, soltanto abbracciandola e ascoltandola, chiara allusione all'importanza del contatto fisico, alla centralità della carne, prima che di quella del corpo. L'empatia si trasmette attraverso la pelle. Finché... 
Questa vicenda onirica e surreale si alterna a pagine che raccontano a fumetti alcuni brani del Vangelo, peraltro raccontati molto bene, come il ritrovamento del sepolcro vuoto e una apparizione di Gesù agli apostoli dopo la resurrezione. Quale sia il collegamento di queste sequenze con la storia principale non è immediatamente comprensibile. Forse il messaggio evangelico è in grado di consolare e cambiare la vita come fa la palla con Fabrizio? Ho chiesti lumi a Paolo Bacilieri con la seguente mail: "Fermo restando che sei un grande autore e che mi è piaciuta ogni singola vignetta, non ho capito il collegamento fra le sequenze che illustrano brani del Vangelo e la vicenda principale. La storia della palla di carne senziente è intrigante e poetica, piena di sfaccettature pur nella sua brevità. Ma il Vangelo? Forse la palla è la metafora di un messaggio totalizzante che cambia la vita?". Mi risponde l'autore: "Ci sono delle sotterranee analogie tra le due parti, il tema dell'amore, quello della fisicità, della 'carne', insomma, e poi il fatto che quelle parti dei Vangeli che riguardano la resurrezione sono ai miei occhi le più assurde, non intendo inverosimili (quella è un'altra faccenda), dico proprio strambe dal punto di vista del racconto (se li leggerai vedrai che non ho inventato nulla, zero), come assurda era la mia palla aliena. Però non ti nascondo che uno dei motivi o forse IL motivo per il quale ho fatto questo accostamento è la sua natura stessa, ossia l'alternanza arbitraria di due vicende che apparentemente 'non c'entrano' l'una con l'altra e la terza cosa che (a volte) ne esce fuori".

martedì 17 ottobre 2017

ADOLF





ADOLF
di Walter Moers
Edizioni e/o, 1998

L'ho trovato su una bancarella dell'usato, e mi ha colpito perché, sfogliandolo, mi è parso un magnifico esempio di scorrettezza politica, un po' come "Hitler = SS", la serie umoristica di Jean-Marie Gourio (testi), e Philippe Vuillemin (disegni) pubblicata sul mensile francese "Hara-Kiri" nel 1980, e poi raccolta in volume anche in Italia. In realtà, i disegni di Vuillemin sono magistrali (nella loro deformazione grottesca) quanto sono banali e perplimenti (come direbbe Rokko Smitherson) quelli del tedesco Moers, che certo non ha lo spessore grafico del collega e punta all'estrema essenzialità dello scarabocchio piuttosto che alla costruzione di una vignetta (e men che mai di una tavola). Ma del resto oggi in campo umoristico imperversa il "disegnomalismo", per cui Moers potrebbe essere un antesignano. La storia, raccontata per la prima volta nel 1997 sulla rivista "Titanic" è quella di Adolf Hitler che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, si è rifugiato nelle fogne meditando sui suoi errori ("sarebbe stato meglio attaccare la Russia sui fianki") e ne esce quando i suoi reati sono caduti in prescrizione. Comincia quindi a cercare di rifarsi una vita nonostante le angosce esistenziali che lo opprimono. Per questo si rivolge a uno psicoterapeuta, il dottor Forunkel, che come strumento per liberarsi dell'ansia gli prescrive il tamagochi. Hitler se ne innamora finché non scopre che si tratta di una invenzione giapponese: "Vili traditori! Gettare la spugna per due misere atomike!". Così, lascia morire il pulcino. Il dottore gli prescrive allora una "bella scopata", ma la prostituta a cui Adolf si accosta si rivela essere un travestito, e per la precisione il fido Goering che si veste da donna per sbarcare il lunario. Durante un viaggio a Parigi, Hitler sale sulla macchina di Lady Diana e provoca l'incidente mortale, scendendone illeso e fuggendo prima che arrivino i soccorsi. Quindi, il nostro viene rapito dagli alieni e, a bordo di un disco volante, si diverte a disegnare svastiche nei campi di grano. Gli alieni, ritenendolo un esempio di maschio perfetto, vogliono farlo accoppiare con una donna perfetta, individuata in Madre Teresa di Calcutta, alla quale, perché si attizzi, viene fatto credere che Adolf sia il papa. Il fuhrer getta la santa donna giù dall'FO, lotta con gli alieni e li fa precipitare in Giappone, dove ritrova il suo psicoterapeuta. Dopodiché, un delirio da feulleton: il dottor Forunkel si rivela essere Lady Diana mascherata, che non è morta nell'incidente parigino: tutta una messinscena per poter scomparire e dedicarsi allo scopo della sua vita, quello di distruggere il mondo. Per realizzarlo, il dottore imbarca Hitler sull'Air Force One, dove c'è il pulsante rosso dell'apocalisse. Forunkel uccide tutto l'equipaggio e vuole che sia proprio Adolf a premere il bottone che scatenerà la guerra globale (chi, meglio di lui?). Il fuhrer riesce a mettere il pazzo fuori combattimento, ma quando cerca di avvisare le autorità a terra che sull'aereo presidenziale americano sono tutti morti e che lui, Adolf Hitler, ne è alla guida, parte un missile terra-aria che abbatte il velivolo. Il nostro eroe si salva con il paracadute e giunge in America del Sud, dove ritrova Goering (ancora vestito da donna), con il quale si accasa. E vissero felici e contenti. Questa è la storia, disegnata male, ma disegnata. Fa ridere? Non so. Qua e là. Certo, Vuillermin era un'altra cosa. C'è da chiedersi comunque se, tutti e due, Moers e Vuillermin, oggi li pubblicherebbe qualcuno.

venerdì 13 ottobre 2017

L'EX AVVOCATO




L'EX AVVOCATO
di John Grisham
Mondadori
2013, cartonato
370 pagine, 20 euro

Con Grisham si va sul sicuro, e su questo non ci piove. Sa scrivere, è intelligente e garbato, coinvolge il lettore con personaggi e vicende credibili, non esagera alla ricerca forzosa dell'effetto speciale o del colpo di scena, ma quel che ottiene è comunque un costante climax da cui è impossibile non lasciarsi trascinare. Questo nuovo romanzo non fa eccezione. Probabilmente non è all'altezza de "Il socio" o del "Rapporto Pelican", ma diverte e appassiona. Malcom Bannister è un avvocato di colore che si è buscato dieci anni di galera pur essendo innocente, stritolato da un perverso meccanismo per cui né ai giudici né agli indagatori dell'FBI importa della vita delle persone, e la giustizia diventa un tritacarne disumano. La detenzione fa perdere la moglie e gli affetti famigliari, e comporta la rovina civile e finanziaria per Malcom che, dietro le sbarre, organizza la sua vendetta contro il sistema che l'ha condannato. Una vendetta congegnata come un meccanismo a orologeria, un piano perfetto messo a punto da chi ha avuto molti anni per pensarlo...

venerdì 6 ottobre 2017

IL MAGO WIZ- 1971




Brant Parker - Johnny Hart
IL MAGO WIZ-  1971
Panini Comics
cartonato, 2011

 "Il mago Wiz - 1971", di Brant Parker e Johnny Hart, un volume della Panini Comics (2011) che raccoglie tutte le strisce giornaliere e le tavole domenicali del '71 di "Wizard of Id". Non ho ben capito perché proprio il 1971, dato che Il Mago Wiz è stato creato nel 1964 e, volendo iniziare una serie di volumi cronologici bisognava partire dunque da sette anni prima. Speriamo almeno che ci siano presto il 1972 e tutti i seguenti (fino ai giorni nostri, dato che la strip continua tuttora, dopo la morte dei due creatori, avvenuta nel 2007, grazie al lavoro dei rispettivi figli e famigliari). Le strisce sono tutte molto divertenti, alcune esilarati, e il talento grafico di Parker è strepitoso. Mi è molto piaciuto il corredo critico del volume, con articoli sugli autori e degli autori. Così Johnny Hart racconta la nascita di Wizard of Id: "Due anni dopo l'esordio di B.C. nacque Il Mago Wiz, che rimase in letargo per diverso tempo. Ne feci parola con Brant Parker e gli chiesi se gli andasse l'idea di illustrarlo. Con mia grande gioia, lui accettò. Io e Brant completammo Wiz insieme nel corso di tre giornate (e nottate) di fuoco in una piccola e umida stanza di hotel a New York, appendendo alle pareti le strisce appena disegnate. Quando non ci fu più spazio sui muri, chiamammo il syndacate per chiedergli se fossero interessati a una nuova striscia. La risposta fu affermativa. I tizi del syndacate giunsero prima del previsto, sorprendendo Brant a piedi nudi e senza camicia e me in mutande che mi radevo la barba di tre giorni. Ignorandoci completamente, iniziarono a percorrere le pareti e a esaminare il nostro duro lavoro, spostando di tanto in tanto coi piedi l'occasionale bottiglia di birra vuota, via via che leggevano. Quando ebbero terminato, si sedettero in mezzo a quelle macerie fissandoci dritti negli occhi. Dissero: 'Vi troviamo assolutamente disgustosi, ma la striscia è grandiosa. La prendiamo!". La testimonianza di Hart si conclude con una frase che mi devo incorniciare, perché descrive qualcosa che tutti gli autori di fumetti di trovano a vivere: la paura di restare a secco di idee. "Per anni ho avuto problemi a farmele venire perché ne avevo bisogno per il mio lavoro. Poi un giorno mi è venuta in mente una cosa: restare a secco di idee è assolutamente impossibile. E allora... wow!".

IL VENDICATORE







Mauro Boselli
Stefano Andreucci
IL VENDICATORE
Sergio Bonelli Editore
2017, 50 pagine
cartonato, 8.90 euro

Nuovo titolo per la serie di volumi cartonati di Tex in formato francese, iniziata con la storia di Aquila della Notte realizzata da Paolo Eleuterio Serpieri. Già con l'albo precedente, "Frontiera!", lo sceneggiatore Mauro Boselli aveva scelto di raccontate storie della giovinezza del futuro Ranger, dunque ambientate nel passato rispetto a quelle della sua maturità proposte dalla serie mensile. Ma anche nel Texone 2017, "Il magnifico fuorilegge", lo stesso scrittore si era sbizzarrito nell'immaginare gli avvenimenti immediatamente precedenti la fatidica vignetta della prima striscia de "Il totem misterioso", l'avventura di esordio del pistolero di Bonelli e Galleppini (la stessa vignetta servita da modello per la posa di Tex sulla copertina de "Il vendicatore"). Nel citato Texone, il giovane Willer era braccato (ingiustamente) dalla legge per la vendetta compiuta contro gli assassini di suo fratello Sam, mentre qui Sam è ancora vivo e Tex sta braccando i razziatori del Nueces responsabili della morte del padre, una prima parte dei quali già erano stati eliminati nel classico "Il passato di Tex", vecchia opera dei due creatori del personaggio. Ne "Il vendicatore" il cerchio si stringe attorno a mister Bronson, il boss del ranch "Lazy M", che viene inseguito fino in Messico. Ad aiutare Tex a cavarsela c'è anche Jim Callahan, un uomo della legge che già vorrebbe vedere il futuro Aquila della Notte con la stella dei rangers sul petto. "Non è tipo da farsi inquadrare", commenta Sam Willer sentendoselo dire. Il racconto rispetta tutte le regole del western, ma il ritmo e la scansione sono più veloci rispetto alle pagine del tradizionale albo mensile. L'impostazione grafica è quella della tavola francese, tuttavia il bravissimo Stefano Andreucci non esagera nella scomposizione e nella sovrapposizione delle vignette (quello che personalmente mi infastidisce, talvolta, nei fumetti d'Oltralpe). I disegni di Andreucci sono magnifici, superlativi per dinamismo e inquadratura, per recitazione ed espressività, per scenari e per leggibilità, e i bei colori di Matteo Vattani non li penalizzano troppo (come capita purtroppo altre volte là dove i coloristi sembrano voler nascondere il nero delle chine sotto masse di cromatismi troppo scuri e troppo carichi: qui anche le scene al chiuso e in notturna sono decifrabili). Andreucci aveva realizzato sempre con Boselli "Il magnifico fuorilegge". Speriamo di rivederlo presto in azione.

domenica 1 ottobre 2017

COCCOBILL E IL MEGLIO DI JACOVITTI



Benito Jacovitti
COCCOBIL E IL MEGLIO DI JACOVITTI 1
Hachette
2017, 60 pagine
cartonato, 1 euro


La Hachette si propone di pubblicare con questa serie tutte le storie di Coccobill realizzate da Jacovitti nel corso di vati decenni, affiancate da avventure di altri personaggi di Lisca di Pesce. La prefazione e le note di Luca Boschi inquadrano perfettamente il personaggio nella produzione del suo autore, e l'edizione ha il pregio di riproporre le storie così come apparvero originariamente, riprese dagli originali o dalla scansione degli albi dell'epoca, dunque con recupero filologico commentato. La prima storia del cowboy assetato di camomilla e del suo fido cavallo Trottalemme (cavallo con una sigaretta in bocca che oggi il politicamente corretto non permetterebbe) è datata 1957 e apparve su "Il Giorno dei Ragazzi", un settimanale a fumetti che, grazie alla cura di Andrea Lavezzolo, riuscì a radunare il fior fiore dei fumettisti dell'epoca, tra cui appunto Jacovitti che all'epoca era già una star. Coccobill gioca su tutti gli stereotipi del western ma non si tratta soltanto di metterli in parodia, quanto di reinterpretarli in modo assolutamente originale attraverso gli stilemi del tutto personali del fumettista molisano (una delle prove che il Molise esiste). Non sono tanto le trame a far ridere, sono le assurdità grafiche e le giravolte verbali dei dialoghi a risultare esilaranti. Già nello stacco fra la prima e la seconda vignetta compare un ometto con una pistola al posto del naso: ecco, sono queste cose a farmi amare Jac. Dopo le trenta tavole dell'avventura di esordio in cui il pistolero jacovittiano sgomina il sistema di potere del riccastro Callagan nella cittadina (ovviamente texana) di Bobbe City, Luca Boschi propone due storie brevi degli anni Settanta apparse sul Corriere dei Ragazzi, dove Coccobill trasmigrò per vivere una seconda viva, cambiando un pochino anche fisionomia (io, forse per motivi anagrafici, preferisco appunto la seconda versione).