martedì 2 gennaio 2018

MOSTRI





Tiziano Sclavi
MOSTRI
romanzo Camunia
Collana Fantasia & Memoria
Settembre 1994
brossura - lire 20.000

Pubblicato in una prima versione più breve nel 1985 (all’interno di una antologia di raccointi italiani intitolata “Il bel Paese”), questo romanzo giovanile di Tiziano Sclavi (classe 1953), trova una definitiva edizione rivista e corretta nel 1994, grazie anche allo straordinario successo di Dylan Dog, il personaggio a fumetti a cui soprattutto si deve la popolarità dell’autore, straordinario sceneggiatore di comics oltre che scrittore. “Mostri” vinse il Premio Scerbanenco 1994 (pur non essendo né un giallo né un noir), e nel 2010 Federico Maggioni ne ha tratto una versione graphic novel edita da BD. La lettura è piacevole, lo stile scorrevole, il linguaggio pulito. I capitoli, non numerati nè contrassegnati, sono insolitamente brevi: due, tre paginette al massimo, talvolta una sola. Le vicende si seguono con gradevolezza e facilità. Pochi aggettivi, pochi tocchi di colore, bastano a rendere l'idea dei personaggi e delle atmosfere.  Questa leggerezza di tratto trova corrispondenza anche in una estrema levità della trama, che in pratica non esiste, risolvendosi tutto in tre personaggi e una ambientazione. Sclavi ci parla di tre freak internati nel reparto "speciale" di uno strano ospedale. Si tratta di Ciccio, un nano, Sam, un uomo senza arti, e Gnaghi, un handicappato mentale. I tre dividono la stessa camera, accanto alla quale ce ne sono altre, tutte occupate da scherzi di natura come loro. Ciccio, l'unico dei tre che può muoversi liberamente, si affaccia di tanto in tanto a sbirciare nei locali adiacente, scoprendo di volta in volta mostri sempre diversi del cui destino però non ci viene detto niente. Assai poco ci viene svelato anche del passato e del futuro dei tre protagonisti. Di Ciccio sappiamo solo che fino a poco prima aveva lavorato in un circo, e che si illude di poter essere dimesso in poco tempo: è sempre in attesa dei risultati di certe sue analisi, che la burocrazia ospedaliera, però, rimanda sempre nel tempo. Quando finalmente riesce a ottenerli, li strappa e li getta nel water come se restare in ospedale, a un certo punto, sia la soluzione migliore. Questo l'unico accenno di trama. Per il resto, gli unici accadimenti sono le visite delle infermiere che passano per le corsie portando minestrine e medicinali, o la stitichezza di Ciccio che si protrae per tutto il romanzo e si risolve solo alla fine. Le stesse infermiere, ora streghe ora fate a seconda dell'indole di ciascuna (che i ricoverati hanno imparato a riconoscere), sono quasi anonime, senza spessore, assolutamente lievi, eteree, inconsistenti, pura apparenza. Quella che piace a Ciccio si ammala di tumore e viene ricoverata nello stesso ospedale, nel reparto Oncologia. E' inevitabile leggere in queste pagine una metafora della vita (la solita, tanto cara a Sclavi): siamo tutti mostri, ciascuno con particolari mostruosità che ci distinguono dagli altri; condividiamo con altri freak una stanzetta dell'esistenza, e accanto alla nostra ce ne sono di simili occupate da mostri che riusciamo solo sbirciare senza sapere niente di loro. Vivere significa dormire, mangiare, andare al cesso; attendere qualcosa che non arriva mai (come i risultati delle analisi) ed illudersi che raggiungere questo qualcosa ci libererà, ci farà felici. Ma quando otteniamo ciò che vogliamo, siamo ugualmente insoddisfatti: lo buttiamo nel water, finiscono le nostre illusioni.

Ma c’è dell'altro: la sensibilità dei personaggi, che esiste al disopra dell'apparente aberrazione delle loro forme. Il mondo "normale" è portato a considerarli diversi. Li rinchiude in un ambiente "protetto" lontano da occhi che potrebbero essere turbati dalla visione di tanta mostruosità. E invece si scopre che anche loro hanno emozioni e sentimenti, e sanno perfino scherzare sulla loro immensa disgrazia e interagire con il mondo.

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