martedì 1 maggio 2018

LE AVVENTURE DI GORDON PYM




Edgar Allan Poe
LE AVVENTURE DI GORDON PYM


Rizzoli
2009, brossurato
240 pagine, 8 euro

Si tratta dell'unico romanzo di Poe, che per il resto scrisse soltanto racconti e poesie. Risale al 1837, quando l'autore aveva ancora 28 anni e, come scrive Michele Mari nella sua bella introduzione, "è una dimostrazione eloquente di come la vocazione possa più dell'intenzione". Infatti lo scrittore era partito con il proposito di scrivere un romanzo d'appendice da pubblicare a puntate, secondo la moda dell'epoca, sul "Southern Literary Messenger" di Richmond (solo successivamente uscì l'edizione in volume, con il titolo di "The Narrative od Arthur Gordon Pym of Nantucket"). Si sarebbe dovuto trattare di un racconto marinaresco, d'avventura, teso a cavalcare l'onda dell'interesse suscitato nel pubblico dei lettori dai resoconti delle esplorazioni di Cook e dalle cronache di naufragi e viaggi per mare. Anche in questo caso Poe sarebbe stato comunque un precursore, dato che sia il Moby Dick di Melville che i libri di Verne, London e Salgari sarebbero arrivati dopo (addirittura, molto dopo). Fatto sta che allo scrittore non riuscì di scrivere "solo" avventura. Quello che venne fuori fu un romanzo contaminato dall'orrore, dagli incubi, dall'angoscia ma anche, persino, nelle pagine finali, dal fantastico se non dalla fantascienza. Alcune delle scene a cui Poe ci fa assistere sono inquietanti fino a risultare intollerabili: penso soprattutto al cannibalismo fra i naufraghi che tirano a sorte chi di loro debba farsi uccidere dagli altri per venire mangiato e dare ai compagni una possibilità di sopravvivere. Ma sono horror anche la parte in cui si racconta dell'ammutinamento (con il cuoco di bordo che uccide decine di persone a colpi di mannaia), quella in cui il protagonista è prigioniero della stiva e rischia di morire di fame e di sete, quella della nave colpita dall'epidemia che va alla deriva con il suo carico di morti così come quella del vascello che non si ferma a soccorrere gli occupanti di un relitto, fino all'attacco degli abitanti dell'isola di Tsalal. Costoro, proprio come in un romanzo di Verne, vivono in una terra misteriosamente calda nell'Oceano Antartico (ancora quasi inesplorato negli in anni in cui uscì il romanzo) e dove si trovano piante e animali sconosciuti: si accenna persino al mito di Atlantide. Il racconto procede attraverso una narrazione in prima persona, senza dialoghi, come se stessimo leggendo un diario che riassume i fatti senza romanzarli, e infatti una prefazione e una postfazione danno l'idea che si tratti di una sorta di manoscritto trovato in una bottiglia (in senso metaforico), affidato da Gordon Pym allo stesso Poe. Il finale è incompleto: al lettore viene detto che al testo originale mancavano le pagine conclusive. Da leggere tutto d'un fiato, con gli occhi sbarrati. Da questo romanzo ho tratto una avventura di Zagor con Poe protagonista, dal titolo "Il mostro di Philadelphia".

Nessun commento:

Posta un commento