lunedì 22 gennaio 2018

MR. LAUREL & MR. HARDY





John McCabe
MR. LAUREL & MR. HARDY
Sagoma Editore
2017, brossurato
300 pagine, 18 euro


"L'unica biografia autorizzata di Stanlio e Ollio", recita il sottotitolo. Non vuol dire che non sia veritiera o che taccia chissà che, ma che fu scritta nel 1961 quando Stan Laurel era ancora in vita (morì nel 1965, mentre Oliver Hardy era scomparso nel 1957), ed è basata sul suo fondamentale contributo. Quasi in ogni capitolo vengono riferiti i lucidi ricordi di prima mano del grande comico inglese, che fu la mente del duo. McCabe, critico teatrale specializzato nella produzione shakespeariana, era riuscito, in realtà, a intervistare anche Babe Hardy (Babe era il nomignolo con cui tutti chiamavano Ollio al di fuori del set) nel 1954, ma questi se la cavò dicendo che per raccontare la sua vita ci sarebbe voluto poco tempo: c'era poco da scrivere su di lui. E spiegava: "Stan potrebbe parlarle di tutto il materiale comico che abbiamo realizzato nei film, e per quanto riguarda la mia vita non è stata molto interessante: io non ho fatto altro che recitare un sacco di gag davanti a una cinepresa e giocare a golf nel tempo che rimaneva". Non è così, naturalmente: anche Norvell Hardy (Oliver era il nome di suo padre) fu protagonista di una vicenda umana piena di avvenimenti. Fu giocatore di football (il migliore della squadra), arbitro sportivo, tenore in grado di esibirsi in do di petto che strappavano gli applausi degli ascoltatori e come tale cantante in una compagna di musicanti della Georgia (dov'era nato nel 1892), proprietario di cinema, attore specializzato nelle parti del cattivo in decine di film prima di cominciare a far coppia con Laurel, perfezionista sul set e dotato di una memoria prodigiosa nell'imparare i copioni. Tuttavia è vero che dopo aver girato un film tornava a occuparsi dei suoi hobby mentre Stan, che già si era occupato del copione, restava a seguire il montaggio. Il vero cognome di Stanlio era Jefferson: decise di cambiarselo quando si accorse che il nome Stan Jefferson era composto da tredici lettere (gli attori di teatro, com'era lui, sono sempre scaramantici). Scelse "Laurel" solo perché suonava bene. Era nato a Ulverston, bei pressi di Glasgow, nel 1890. Suo padre era un attore, e anche il figlio volle seguirne le orme, entrando a far parte di compagnie di vaudeville, allo stesso modo del quasi coetaneo Charlie Chaplin (più vecchio di lui di un solo anno), con cui si trovò a lungo a recitare e di cui, anzi, fu spesso in sostituto sulle scene. I due viaggiarono insieme verso l'America, per una turnee che poi li avrebbe visti restare nel Nuovo Mondo e quindi lavorare in California nella nascente industria cinematografica. Cresciuto alla scuola del teatro comico e dell'avanspettacolo, Stan era uno straordinario gagman: fu principalmente per scrivere gag che il produttore Hal Roach (quello che Mack Sennett riteneva il suo unico vero concorrente nel realizzare comiche) lo scritturò, così come, in separata sede, aveva scritturato Oliver Hardy. Il saggio di John McCabe ripercorre tutte le tappe dell'avvicinamento di Stan e Oliver, fino al loro casuale esordio in coppia in una comica qualunque, "Get 'Em Young", del 1926. Roach capì che quei due non avrebbero più dovuto venire divisi. Il resto è storia del cinema, e storia di tutti noi spettatori che con Stanlio E Ollio abbiamo riso fino alle lacrime, in barba a tutti i critici paludati che li hanno snobbati (i due hanno vinto un solo Oscar, nel 1932, per il miglio cortometraggio: "The Music Box"). Infinite sono state le loro invenzioni visive e sonore (Laurel e Hardy seppero intuire le potenzialità comiche del rumori, oltre che delle loro buffe voci), ma soprattutto straordinaria è la loro poetica. McCabe dimostra come le gag non fossero banali ma frutto di studi, prove, calcolo del tempi sulla base delle risate previste. Per lungo tempo Stan e Oliver non si resero conto di quanto fossero diventati popolari: solo quando, dopo una decina di anni dal loro primo film, fecero un viaggio insieme in Europa per quella che doveva essere una vacanza, scoprirono di non poter muovere un passo senza essere assediati da masse di ammiratori. E la cosa è durata anche dopo il passaggio dai cortometraggi ai film lunghi e dopo la fine della collaborazione con Hal Roach (fu Stan a litigarci) e la negativa esperienza con la 20h Century Fox. Nell'ultima parte della loro carriera girarono il mondo con dei tour teatrali che fecero ovunque il tutto esaurito: sembrava che avessero smesso di fare film il giorno prima. Le loro comiche venivano trasmesse in TV e Stan si lamentava della pubblicità che le interrompeva: ci aveva sudato sette camicie per fare un certo ritmo al montaggio e tutto quel lavoro veniva sciupato così. Stan e Oliver erano tutto l'opposto, nella vita reale, di quel che appariva sullo schermo: Ollio che fa il gradasso e il so-tuto-io in realtà era un signore timido e riservato, un marito dolce e fedele; Stanlio stupidello piagnucoloso era un lavoratore instancabile in grado di tener testa a registi e produttori e di vivere travolgenti storie d'amore passando da un matrimonio all'altro. Una cosa però li accomunava e assomigliava ai loro personaggi: la bontà d'animo e la gentilezza verso chiunque. Furono inoltre veri amici, sempre. Non è vero che morirono poveri, anche se non hanno mai visto un cent dello sfruttamento economico pluridecennale dei loro film. Pagati una volta, pagati per sempre. Però seppero investire i loro guadagni e morirono da benestanti. Il libro di McCabe si apre con l'orazione funebre letta da Dick Van Dyke al funerale di Stan, che si conclude con una poesia composta da Stan stesso: "Dio benedica i clown".

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